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L'avanzata di Fratelli d'Italia: Giorgia Meloni continua a crescere

Fratelli d'Italia è l'unico che guadagna consensi sia in Calabria sia in Emilia Romagna

Daniele Di Mario
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Ancora un exploit. Fratelli d'Italia vola in doppia cifra anche in questa tornata elettorale e si conferma il partito italiano col trend migliore. Sia in Emilia Romagna che in Calabria guadagna voti e consensi. Una crescita graduale e costante che, elezione dopo elezione, ha portato negli anni - dalla fondazione del 21 dicembre 2012 a oggi - il partito guidato a Giorgia Meloni a diventare la seconda forza del centodestra e il terzo partito italiano. Il motivo? La leader FdI lo ha sempre individuato nella coerenza che, magari lentamente, però paga sempre, perché si sposa con affidabilità e credibilità. «Noi siamo sempre stati monogami, non abbiamo cercato o fatto accordo col Pd o i 5 Stelle e non abbiamo mai tradito i nostri elettori né quelli di centrodestra», ripete spesso la presidente FdI. La Meloni, poi, in questi anni ha scommesso su radicamento territoriale e selezione della classe dirigente. E i risultati si vedono. Oggi Giorgia può cantare vittoria, nella consapevolezza che il lavoro duro comincia oggi. «Alla fine - dice in conferenza stampa - il vero vincitore, sul piano dei partiti, di queste elezioni regionali è Fratelli d'Italia. FdI è l'unico partito che cresce sia in Emilia-Romagna che in Calabria, il partito che cresce di più e l'unico partito che cresce nel centrodestra. La nostra coerenza e la nostra correttezza sono stati premiati». «Fino a qualche anno fa - ricorda la leader FdI - sarebbe stata impensabile per il centrodestra anche solo l'idea di poter essere in partita in Emilia Romagna. Aver tenuto tutti con il fiato sospeso fino alle tre del mattino in attesa dei risultati vuol dire che i tempi sono cambiati: è finita un'epoca. Non ci sono più territori inespugnabili e con proposte serie e credibili, con un grande lavoro, si può vincere ovunque. Per questo siamo già al lavoro per le prossime Regioni che vanno al voto, a partire da quelle nelle quali Fratelli d'Italia esprimerà i propri candidati presidenti, quindi la Puglia con Raffaele Fitto e le Marche con Francesco Acquaroli, forti anche di una maggiore centralità che oggi ha Fratelli d'Italia». In Emilia Romagna Fratelli d'Italia ha preso l'8,6%, attestandosi come terzo partito dopo Pd e Lega. In Calabria ha invece raggiunto il 10,85%. Risultati che inorgogliscono la Meloni, ma che allo stesso tempo impongono di porre una questione politica agli alleati: «Siamo già pronti alle elezioni che si terranno in primavera, dove FdI dovrà avere un ruolo centrale». Quanto alla coalizione e alla sconfitta della leghista Borgonzoni in Emilia Romagna, la presidente FdI spiega: «Non ho nulla da recriminare nei confronti di nessuno. Abbiamo fatto tutti un gran lavoro, pancia a terra, sia Salvini sia noi. Non utilizzerò il risultato delle regionali per spaccare la coalizione del centrodestra». «La vittoria di Lucia Borgonzoni - aggiunge - sarebbe stata qualcosa di epocale, ma anche aver tenuto tutti con il fiato sospeso è un grande risultato che segna la fine di un'epoca: non esistono più roccaforti, tutto è contendibile. Complimenti di cuore a Jole Santelli, neopresidente della Regione Calabria. Ha conquistato una vittoria straordinaria in una terra che ha bisogno di rinascere e Fratelli d'Italia lavorerà al suo fianco per raggiungere questo obiettivo». Quanto al quadro politico nazionale, la Meloni spiega: «Oggi noi abbiamo una sinistra che festeggia ma non c'è molto da festeggiare: su nove Regioni in cui si è votato dalle politiche a oggi, il centrosinistra ha vinto in una. Se in una partita di calcio una squadra fa gol dopo averne presi otto tendenzialmente non festeggia. I 5 stelle scompaiono e mi pare che anche da parte loro non ci sia nulla da festeggiare. Non credo assolutamente che il governo Conte esca rafforzato dal voto in Emilia, credo che una cosa del genere possa sostenerla solo Conte perché gli fa comodo. Un governo che si tiene su una forza politica che non esiste più come M5S, bisogna chiedersi se ha senso che rimanga in sella».

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