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Sull'Iva il governo ha bluffato. Il gioco delle tre carte del Conte bis

L'esecutivo è nato spacciando l'emergenza di 23 miliardi di aumenti da scongiurare. Era falso. Ben 20 miliardi sono stati trovati facendo deficit. Altri tre tagliando quota 100 e flat tax di Salvini

Franco Bechis
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Nel giorno in cui Giuseppe Conte, per fare un po' di propaganda elettorale alla vigilia delle regionali in Emilia Romagna, ha convocato le parti sociali a palazzo Chigi per spiegare come verranno spesi da luglio (non da domani) i 3 miliardi destinati alla riduzione del cuneo fiscale, salta fuori il grande bluff del governo. E' contenuto nella tabella riassuntiva della manovra 2020 che gli uffici studi hanno preparato indicando le misure adottate e le fonti di copertura. Con chiarezza emerge quel che è stato nascosto e annegato fra fiumi di retorica: per disattivare le celebri clausole di salvaguardia che avrebbero fatto scattare gli aumenti Iva il governo ha usato la soluzione più semplice del mondo: andare in deficit. Non proprio per tutto, ma dei 23 miliardi che andavano coperti ben 20, 131 sono diventati deficit di bilancio. Non c'era ovviamente bisogno di grandi esperti, di professionisti dell'economia, di vertici ministeriali, di terribili grida: per coprire una spesa andando in deficit basta un bambino che schiacci un bottone. Certo, ne restavano meno di 3 da trovare. Ma è solo in questa cifra che si trova tutta l'emergenza che una pioggia di panzane è stata inventata per motivare la nascita contro natura del governo rossogiallo con il Conte bis alla guida. Ci hanno detto per mesi che l'Italia era in emergenza finanziaria, che rischiava l'esercizio provvisorio, e con aria seria e volto corrucciato per la gravità della situazione in ogni salotto televisivo hanno sostenuto che stavano lavorando senza sosta, ore 24, per trovare come sterilizzare quei 23 miliardi di aumenti Iva. Invece si sono fatti grandi mangiatone al ristorante per stemperare la tensione fra vecchi nemici per la pelle che dovevano imparare a convivere, saranno pure andati al cinema per distrarsi e poi per dissinnescare quelle clausole sono bastati cinque minuti guardandosi in faccia: “I soldi non ci sono. Che facciamo? Andiamo in deficit? Sìììììì”, e la partita è finita così. Per quei 2 miliardi e rotti da aggiungere non c'è voluto molto più tempo: bastava assestare qualche colpo ben assestato fosse anche con colpi sotto la cintura alle misure in vigore che portavano la firma di Matteo Salvini, e il gioco era fatto. Ed ecco il taglietto di 300 milioni di euro a quota 100, poi quello da 155 milioni a quel poco di flat tax che era già in vigore, 80 milioni togliendo qualche accisa agevolata agli autotrasportatori che tanto votano Lega, 950 milioni di cancellazione di spese in conto capitale già previste, che tanto le opere pubbliche le voleva Lui, caro Lei. Giochi fatti. La sola cosa nuova da inserire in questa legge di bilancio tutta deficit e vendetta verso la Lega erano appunto i 3 miliardi di euro destinati alla riduzione del cuneo fiscale a partire dal mese di luglio che il governo in carica si è già venduto venti volte negli ultimi mesi (è la sola cosa che c'è) e che ha voluto rilanciare ieri come fosse cosa nuova giusto per cercare di abbindolare un po' gli elettori dell'Emilia Romagna. Purtroppo però è proprio in quella terra che si aprono le principali ferite dovute alle misure utilizzate per finanziare quello sconticino fiscale. Per metà è infatti offerto non volontariamente dalle imprese su cui si sono abbattute la plastic tax e la sugar tax, che invece di rallegrarsi con i propri dipendenti (in buona parte proprio in Emilia Romagna) dell'aumento in busta paga per il cuneo stanno pensando di toglierla prima ancora di iniziare, riducendo personale e siti produttivi per andare ad aprire altrove le proprie attività. Ieri una delle principali aziende italiane di imbottigliamento della Coca Cola ha già fatto sapere che dirotterà sull'Albania i propri investimenti, e da qui a luglio rischia di essere seguita anche da altre. Ma se alla fine qualcosa davvero arriverà in busta paga a qualche lavoratore, non possiamo che rallegrarcene perché non manca davvero il bisogno. Dagli annunci di ieri qualche dubbio sulla linearità dell'azione del governo però nasce: si vogliono mettere insieme i famosi 80 euro di Matteo Renzi per trasformarli in detrazione e ottenere una riduzione delle tasse gratis, senza che nessuno percepisca un euro in più di prima. Poi si annuncia che la vera riduzione fiscale verrà dal grande recupero dell'evasione fiscale (sempre proclamato, mai portato a casa). Speriamo che mischiando tutto questo cuneo arrivi in busta paga e non finisca lì dietro dove nessuno vorrebbe riceverlo...

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