Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Crisi, salta tutto? I paletti di Zingaretti spaccano il Pd

Nicola Zingaretti

Silvia Sfregola
  • a
  • a
  • a

"Noi crediamo a un Governo di svolta, ecco perché bisogna essere chiari". Dalle parti del Nazareno respingono al mittente l'accusa che viene dai renziani di voler "complicare e mettere ancora più in salita" la trattativa tra Pd e M5S. L'obiettivo di Nicola Zingaretti, e dei suoi "tre punti non negoziabili" ben più stringenti delle cinque "precondizioni" di ieri, è quello di "stanare" i pentastellati che fin qui "hanno fatto i vaghi e fischiettato". Ecco quindi le nuove 'regole d'ingaggio' del segretario dem, che - viene spiegato - "vengono prima di ogni discussione sui nomi": la manovra economica innanzitutto, da concordare nei minimi dettagli e nel segno dell'equità; poi una diversa politica migratoria che si risolve, per il leader, nell'abolizione dei due decreti Sicurezza targati Salvini. Infine, anche l'accento posto nella direzione Pd sulla centralità del Parlamento ha una sua ricaduta pratica: no al taglio dei parlamentari previsto dalla riforma Fraccaro, già bocciato dai Dem nelle tre letture che ci sono state tra Camera e Senato. La strategia di Zingaretti, però, non convince "affatto" i parlamentari vicini a Matteo Renzi, fautore invece di un Governo ad ogni costo in chiave 'anti-Salvini'. "Vuole rendere più difficile la trattativa" con il M5S, la vuole "più in salita" di quanto già non sia, accusano, ammettendo di non prendere "affatto bene" la decisione del segretario. Zingaretti prova a spiegare: "I punti alla base della possibile trattativa per un nuovo governo sono quelli decise all'unanimità dalla Direzione di ieri e che abbiamo presentato oggi al Presidente della Repubblica. Qualora ce ne fossero le condizioni e la disponibilità, è giunto il tempo di aprire una fase di confronto e approfondimento", precisa. La sostanza, però, non cambia. L'obiettivo è quello di mettere le cose in chiaro sin da subito. "Punto di partenza", così l'aveva definita Zingaretti già ieri in direzione, è la manovra economica: "I gialloverdi hanno sfasciato i conti, c'è da fare una legge di bilancio da almeno 30 miliardi dove li troviamo? Dobbiamo metterlo nero su bianco subito - ragionano al Nazareno - altrimenti a settembre Di Maio chiede di raddoppiare il reddito di cittadinanza e il Governo 'di legislatura' diventa subito un Governicchio". Anche il sonoro 'no' alla possibilità di votare a settembre il taglio dei parlamentari, per il Nazareno, non sarebbe affatto il tentativo di far saltare il banco. "Ve bene rivedere l'intelaiatura costituzionale, ridurre costi ed eletti - viene spiegato - ma è impossibile avallare un testo che prevede che, per risparmiare poche lire, alcune Regioni non abbiano un senatore di minoranza. Le riforme se si fanno vanno fatte bene". "Siamo per fare una cosa seria e stabile. Siamo a favore del taglio dei parlamentari che pure avevamo già proposto in passato - mette in chiaro il capogruppo dem alla Camera Graziano Delrio - ma chiediamo sia inserito in una agenda complessiva che tenga conto di una riforma della legge elettorale che garantisca rappresentanza democratica ai territori". Via poi i decreti Sicurezza, nell'ambito di un nuovo modo di gestire e governare i flussi migratori. "Non c'è nulla di nuovo rispetto al voto, unanime, di ieri - ribadiscono dal nazareno - Si tratta solo di esplicitare quanto detto per fare chiarezza, non ci siamo inventati niente, è tutto scritto". Sin qui, i paletti sui contenuti, che fanno - e non poco - irritare i pentastellati. Anche sui nomi, però, la strada è in salita."Noi abbiamo avuto più voti dei cinque stelle alle Europee quindi il leader si scegli insieme", mettono in chiaro i dem. Ma di avviso opposto sono i 5 stelle, che ribadiscono di essere in parlamento il partito di maggioranza relativa. Giallo-rossi ancora ben lontani da un'intesa, insomma. Il 'notaio' Mattarella è avvisato.

Dai blog