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La sinistra salta su Mahmood per vendicarsi di Salvini

Radical chic in estasi per la vittoria. Poco importa che gli italiani avessero fatto prevalere Ultimo

Pietro De Leo
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E nazionalpopolare sia! Nel senso di commenti, reazioni, delusioni o festeggiamenti. L'Italia è così, ci si accalora, anche per l'esito del Festival di Sanremo. Stavolta, poi, nelle vene della kermesse scorre sottile la linfa del politicamente corretto, e dunque reazioni siano. Tiepida, in realtà, quella del ministro dell'interno Matteo Salvini: «Mahmood… mah… La canzone italiana più bella?! Io avrei scelto Ultimo». Di certo, il trionfo del cantante italo-egiziano suggella con la ceralacca quest'edizione del Festival preceduta dalle polemiche di Claudio Baglioni sui migranti, proseguita con qualche puntura antileghista qui e là sul palco. L'atto finale è una vittoria giunta con l'apporto decisivo della giuria, che ha, di fatto, stravolto il televoto in cui Mahmood era arrivato soltanto terzo e aveva premiato Ultimo. Nella compagine dei giurati sedevano nomi come Serena Dandini, Beppe Severgnini, Elena Sofia Ricci, figure la cui sfumatura pubblica o artistica è da sempre all'insegna del politicamente corretto. La vanificazione del televoto, dunque, non passa inosservata nelle esternazioni politiche. La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni scrive su twitter i complimenti ad Alessandro Mahmood ma osserva: «Mi chiedo che senso abbia far votare (a pagamento) il pubblico se poi la giuria dei soliti noti decide di testa sua di far vincere chi sarebbe arrivato terzo solo con il 14% delle preferenze. Una presa in giro». Sempre da FdI, la deputata Augusta Montaruli definisce «discutibile» il metodo del televoto. «Totalmente ribaltato dalla giuria di esperti, ancora una volta la volontà popolare passa in secondo piano». Pure da Forza Italia si fanno sentire, con la capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini, a rilanciare l'idea di Claudio Baglioni di assegnare la scelta al televoto: «Approvo la proposta», scrive. Anche Lara Comi, eurodeputata azzurra, disapprova la dinamica delle cose: «Se il televoto non conta niente, perché la Rai lo fa pagare agli italiani, che già strapagano il canone?». Sempre in Forza Italia è di tutt'altro avviso il senatore Francesco Giro «Per carità: il televoto è anch'esso telecomandato. Ci sono focus organizzati. Lo sanno tutti. Un po' come accade quando si rilanciano in rete i tweet dei leader politici più noti. Quindi sacrosante le giurie che hanno l'effetto di riequilibrare il tutto». Dal MoVimento 5 Stelle, il vicepremier Luigi Di Maio, affermando la sua preferenza per Cristicchi, punge: «Non ha vinto quello che voleva la maggioranza dei votanti da casa, ma quello che voleva la minoranza della giuria, composta in gran parte da giornalisti e radical chic. E qual è la novità? Questi sono quelli sempre più distanti dal sentire popolare e lo hanno dimostrato anche nell'occasione di Sanremo». La prende da un lato diverso l'altra colonna del MoVimento, Alessandro Di Battista, che ospite nel programma di Lucia Annunziata dice: «Mi scandalizza che la politica sia entrata pure a Sanremo. Oggi ci sono tanti tipi di razzismo, esistono pure razzisti che utilizzano la vittoria di questi cittadini, peraltro italiani come Mahmood, a scopi elettorali». Più in generale il presidente della Liguria, Giovanni Toti, twitta rassegnato: «Non c'è Sanremo senza polemiche. È così da sempre: a chi piace e a chi non piace il palco, bravi i conduttori oppure no e... soprattutto chi vince!! Anche io avrei scelto diversamente». Mentre gioisce il sindaco di Milano Beppe Sala, il quale manda un tweet a Mahmood: «Con te ha vinto Gratosoglio, Milano e l'Italia. Ti aspetto a Palazzo Marino per congratularmi di persona». E la vittoria di Sanremo entra a piedi uniti anche nel dibattito attorno alla definizione dei palinsesti Rai. La giornalista Maria Giovanna Maglie, in lizza per una striscia informativa serale sul primo canale, compie quello che nel tribunale del politicamente corretto è l'illecito gesto di dire la propria. Twitta: «Un vincitore molto annunciato. Si chiama Maometto, la frasetta in arabo c'è, anche il Ramadan e il narghilè, il meticciato è assicurato». Salta sulla tastiera il capogruppo del Pd in Commissione di Vigilanza Rai Davide Faraone, che riferito alla giornalista attacca: «Davvero lei avrà una striscia quotidiana? Il servizio pubblico non può cadere così in basso: facciamo appello al Consiglio di amministrazione della Rai perché eviti questa pagina vergognosa al nostro Paese». A sinistra, il coordinatore di Futura Marco Furfaro schernisce Salvini e invia «un bacione al capitano». Dal Pd, il deputato Gianfranco Librandi mette in piedi un ragionamento assai articolato: «Il Festival di Sanremo sotto la nuova Rai1 – argomenta - è il fallimento della politica leghista del "prima gli italiani" oppure è una sofisticata provocazione per favorire la Lega in Abruzzo? De Santis (la direttrice di Rai1 ndr.) ha mantenuto la promessa di un festival politico che guarda caso finisce proprio il giorno prima della competizione elettorale alle regionali». E conclude: «Ieri sera il popolo dell'Ariston era inferocito e fischiava contro la classifica. Possibile avere prova del televoto? Come inciderà questa delusione sull'elettorato che oggi va al voto?». Una lettura «politica» del risultato finale proviene anche da mondi non politici. E così padre francescano Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, commenta che «ha vinto l'integrazione», e addirittura intravvede nel brano di Mahmood «più di qualche elemento di francescanesimo». Contro la lettura politica della vittoria è Osvaldo Napoli, di Forza Italia: «Questa smania di politicizzare tutto, si tratti di Sanremo o di Miss Italia, sta sfibrando gli italiani», e osserva: «Ha vinto un cantante di origine egiziana? Allora vogliamo chiedere l'analisi del sangue ai concorrenti e il loro albero genealogico?». E poi c'è anche spazio per una minima suggestione gossipara. Sì, perché mentre Salvini ha esternato i suoi dubbi sulla vittoria di Mahmood (perplessità da come si coglie soltanto relative alla canzone) c'è la sua ex compagna Elisa Isoardi che invece accoglie di buon grado l'esito del Festival. La vittoria di Mahmood, scrive, è «la dimostrazione che l'incontro di culture differenti genera bellezza». Sulla circostanza di getta Laura Boldrini: «Sono d'accordo con Elisa Isoardi. Complimenti a Mahmood per aver vinto il Festival di Sanremo». Dunque gli animi anche quest'anno sono ben caldi anche ore e ore successive la fine della gara. Perché qui da noi ogni evento ha, religiosamente, il suo dopo partita.

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