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Bragagni dai superconduttori al Senato: un ponte tra Italia e Inghilterra

Maurizio Bragagni, ingegnere aretino, da anni residente in Inghilterra

Candidato di Noi con l'Italia nella circoscrizione Europa

Pietro De Leo
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“L'Italia non ha un approccio da sistema Paese”. A parlare è Maurizio Bragagni, ingegnere aretino, da anni residente in Inghilterra, senza aver mai rescisso i legami con il nostro Paese, e candidato al Senato nella circoscrizione Europa per “Noi con l'Italia”. La sua storia è quella di un'impresa, la Tratos, azienda di cui è presidente, leader del settore dei cavi: da quelli in fibra ottica ai superconduttori, passando per i cavi per uso petrolchimico. Un mercato strettamente legato alla tecnologia e all'innovazione. E, soprattutto, la Tratos è un'impresa che rappresenta un ponte tra l'Italia e l'Inghilterra, dove può contare su un importante stabilimento a Liverpool. “Tratos nasce anche per dare sostegno alle aree depresse – spiega Bragagni -  Per questo motivo nell'89 siamo arrivati a Catania. E per questo motivo nel 2010 abbiamo fatto questo investimento a Liverpool, dopo che Cameron aveva lanciato il referendum sulla Brexit”. Come mai questa scelta? "Per rassicurare i nostri interlocutori che qualunque cosa fosse accaduta noi saremmo rimasti lì". Quali sono le conseguenze della Brexit? "Sicuramente se ne avvantaggerà chi produrrà nazionalmente. Chi farà investimenti nel settore manifatturiero, ad esempio, ne sarà favorito. Però alla fine della catena, ad essere danneggiato sarà il cittadino, perché con i dazi poi aumentano i prezzi. Per questo motivo sono stato uno dei più convinti sostenitori del remain".    Torniamo alla sua azienda, la Tratos. Cosa significa “occuparsi di cavi”? "Significa aver apportato innovazione ad un sistema tradizionale come quello dei cavi. Grazie all'innovazione abbiamo costruito il super conduttore per “Fusion for Energy”, il più grande progetto europeo, anzi mondiale, che tenta di riprodurre quello che succede nel sole. Ottenere energia pulita attraverso la fusione e non attraverso la scissione sul mobile. Poi abbiamo innovato il settore dei cavi destinati ai porti. E questo ci ha portato a lavorare in tutto il mondo: dalla Cina alla Russia, dagli Stati Uniti a Singapore. Noi produciamo in Italia e in Inghilterra e produciamo in tutti i Paesi del mondo. Che volume di fatturato avete? "Come gruppo europeo siamo sui 150 milioni di euro". Tornando all'Italia. Perché sostiene che non c'è un approccio da sistema Paese? "Esistono realtà importanti come Ice, Camere di Commercio, però non sono focalizzate in unico scopo, cioè la promozione delle nostre forze. Il “sistema-Paese” dovrebbe essere come una matrioska, cioè un sistema ad incastro e omogeneo. L'Italia è un Paese disorganizzato, con una eccessiva tassazione, e questo si ripercuote anche sui cittadini che vivono all'estero". In che senso? "Partiamo dai numeri. Gli italiani residenti in Europa sono circa 2 milioni e mezzo. Se hanno una casa in Italia devono pagare Imu e canone Rai. Ad un certo punto viene spontaneo farsi due conti e dire: ‘se è solo un costo, casa mi conviene venderla'. E di quei due milioni, mettiamo il caso che a Natale ne tornasse la metà e spendesse, che so, mille euro a testa in Patria per vari motivi, poi il Paese non li avrà più. E non avrà più neanche i loro soldi". 

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