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Gentiloni, Renzi, Giachetti e gli altri Il fantasma di Rutelli sul governo

Francesco Rutelli

Pietro De Leo
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Un ripassino per gli appassionati di coincidenze: in questa legislatura i leader dei principali partiti, Berlusconi, Renzi, Salvini e Grillo, sono tutti fuori dal Parlamento italiano. Altra coincidenza: con Paolo Gentiloni incaricato presidente del Consiglio, siamo di fronte a ben tre premier su quattro, considerando la primissima fase di Monti, provenienti dalla Margherita. E di questi tre, ben due sono stati vicini a Francesco Rutelli. Alla fine, dunque, Rutelli è una specie di demiurgo involontario di un assetto politico. Paolo Gentiloni, infatti, ha trascorso molti anni della sua esperienza politica al fianco di Rutelli. Ebbero entrambi un impegno ecologista negli anni '80. Rutelli diede vita, assieme ad altri, ai Verdi Arcobaleno e Gentiloni diresse il mensile di Legambiente, Nuova Ecologia. Si deve a quegli anni l'inizio di un sodalizio che si saldò con la vittoria di Rutelli alle elezioni per il Campidoglio. Gentiloni ne divenne portavoce e spin doctor, e poi addirittura assessore al Giubileo del 2000, l'evento che mise il timbro sull'esperienza di Rutelli a sindaco di Roma. Dopo che finì la fase al Comune della Capitale, eccoli insieme nella Margherita, dove Gentiloni, da giornalista, si occupava del dipartimento comunicazioni. Casella non secondaria e non semplicissima da gestire, considerando la guerra politica che divampava intorno alle reti Tv di Berlusconi. Poi, dopo un paio d'anni di Pd, Rutelli decise di scindere la sua area liberal e dar vita ad Alleanza per l'Italia, Gentiloni non lo seguì, continuando la sua esperienza nei dem. Con ampio profitto, se si esclude il disastroso esito delle primarie a Roma nel 2013, quando arrivò terzo dietro a Ignazio Marino e David Sassoli. Anche Matteo Renzi fu lanciato nella Margherita, e Rutelli più volte ha rivendicato come il segretario Pd sia un suo allievo, avendo militato nella sua corrente. Di gruppo diverso era invece Enrico Letta, presidente del Consiglio da aprile 2013 al febbraio 2014. Lui, allievo di Beniamino Andreatta, apparteneva all'area post democristiana, proveniente dal Partito Popolare Italiano (medesima collocazione trovava Dario Franceschini, un altro entrato nel toto premier di questi giorni). E con Rutelli, Enrico Letta ebbe anche degli scontri quando l'ex sindaco di Roma contestò l'eccessivo sbilanciamento post-diessino del partito democratico. Ma ciò non toglie che, avendo militato nella Margherita, c'è un po' di rutellismo anche in lui. Come ce n'è stato, e molto, anche nella campagna elettorale per le amministrative a Roma di quest'anno. Roberto Giachetti, candidato Pd sconfitto al ballottaggio da Virginia Raggi, è stato capo della segreteria e capo di Gabinetto di Francesco Rutelli al Campidoglio. E vice commissario al Giubileo fu Guido Bertolaso, candidato a sindaco, prima di fare un passo indietro, da Forza Italia. Collaborò con Rutelli anche Roberto Morassut, che è stato in corsa sempre alle ultime primarie Pd per sindaco di Roma: fu parte del board per sponsorizzare la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2004. Insomma, più che un premio di consolazione, per Rutelli, dopo l'uscita dalla sua politica istituzionale: i semi politici dei suoi anni migliori sono spuntati tutti insieme, e tutti rigogliosamente. 

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