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Quando Ingrao scriveva: «Nessuno è sopra la legge»

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di Antonio Angeli

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«Il caso giudiziario si è mutato in una seria questione morale. È vano che il partito dominante protesti»: la frase va a pennello al Pd di oggi, ma fu scritta per la Democrazia Cristiana di ieri che, ai tempi, doveva resistere alle bordate dei censori rossi del Partito comunista italiano. Correva l'anno 1954, sulle prime pagine dei giornali dominava il caso Montesi, la morte, tutt'oggi inspiegata, di una ragazza trovata sulla spiaggia di Torvajanica. Uno di quei misteri italiani che finì per inguaiare Attilio Piccioni, vicepresidente del Consiglio, ministro degli Esteri e massimo esponente di quella Dc che, nelle urne, aveva tritato il Pci. Fu in quell'occasione che fu creato il tormentone della «questione morale», l'autore è uno degli uomini simbolo del Pci: Pietro Ingrao. Allora era direttore dell'Unità e domenica 7 febbraio 1954 intitolò il suo editoriale: «Questione morale», mettendo in prima pagina l'interrogatorio di quella che veniva erroneamente considerata la «testimone chiave» della vicenda.«Per molteplici e coloriti che possano essere gli aspetti morbosi, torbidi del caso - tuonava Ingrao - questa risonanza eccezionale non si spiega se non collegandola a uno stato d'animo, di cui bisogna prendere atto con franchezza e con coraggio: la convinzione che esista, in una zona della vita pubblica, un gruppo privilegiato, il quale elude impunemente la legge comune». Chissà che direbbe lo storico direttore dell'Unità se dovesse commentare la situazione di oggi, con personaggi travolti da ogni genere di indagine, ma che restano aggrappati alle loro poltrone e ai loro privilegi. «Sappia il magistrato romano intendere questa esigenza - proclamava ancora Ingrao - che è sete di giustizia; poiché di fronte a lui, oggi, non è solo il compito di far luce su una morte misteriosa, ma di provare che nella Repubblica tutti i cittadini sono soggetti alla legge: quale che sia il potere, la ricchezza, le omertà di cui godono». Pietro Ingrao ha compiuto ieri cento anni. I migliori auguri a lui e ai magistrati che, quando fanno il loro lavoro, non guardano in faccia a nessuno.

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