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Comuni collusi con la mafia. Il marcio (tanto) sta anche nel Pd

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I dati di LegaAutonomie

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La mafia? Sta «a destra». Forza Italia? È nata col «contributo» della mafia. E l'antimafia, gli uomini che si battono per spazzare via la criminalità organizzata, stanno, invece, «a sinistra». Andando per «le vie brevi» è questo il leitmotiv che da anni ci viene propinato. In modo così costante da aver reso il falso assunto «verità rivelata». Il problema è che i fatti non sostengono quella che è solo una teoria senza fondamento. E se per «fatti» intendiamo, ad esempio, i dati sui Comuni sciolti nel 2013 in Italia e diffusi da LegaAutonomie, allora quella «verità», soprattutto se riferita alla «leggenda» che vuole il partito di Silvio Berlusconi «colluso», si scioglie come neve al sole. L'anno scorso, infatti, i Consigli comunali sui quali si è abbattuta la mannaia del ministero dell'Interno per «infiltrazioni mafiose» sono 16, e come vedremo non stanno affatto tutti «a destra», anzi. La regione che detiene il poco invidiabile primato è la Calabria: nove Comuni sciolti su un totale di 16, più della metà. Melito Porto Salvo, ad esempio, in provincia di Reggio Calabria. L'inchiesta che porta alla decisione del Viminale accerta che la cosca Iamonte può contare sulla connivenza della classe politica locale, e cioè sul sindaco Gesualdo Costantino e sul suo successore Giuseppe Iaria, entrambi del Partito Democratico ed entrambi arrestati. Stessa sorte, nel 2013, per il Consiglio comunale di Ardore, stessa provincia. La Commissione d'accesso antimafia arriva nel settembre del 2012, quando a guidare il Comune è Giuseppe Campisi, del Pd. Pochi mesi prima viene arrestato il capogruppo di maggioranza ed ex sindaco Bruno Bova, vicino al Pd e secondo quanto riferito dagli attuali assessori regionali calabresi, Giacomo Mancini e Domenico Tallini, nonché dai consiglieri regionali Fausto Orsomarso e Salvatore Pacenza, Bova, dal maggio 2007, era anche «uno dei due esperti» di Demetrio Naccari Carlizzi, attuale consigliere regionale Pd, area renziana. Fra i Comuni sciolti c'è poi quello di Siderno, centro reggino che prima dello scioglimento ha avuto come primo cittadino Alessandro Figliomeni, candidato alla carica di sindaco con Forza Italia, poi passato all'Mpa e infine, alle elezioni regionali del 2010, schieratosi con il centrosinistra dell'ex governatore Agazio Loiero. Arrestato subito dopo quelle elezioni con l'accusa di essere organico alle cosche, viene «sostituito» da Riccardo Ritorto, sostenuto dal Pdl e coinvolto in un'indagine della Dda reggina. Sciolto anche il Consiglio comunale di Casignana, nella locride. L'Ente era guidato da Pietro Armando Crinò, un medico prestato prima alla politica di centrosinistra (quando da candidato sindaco «sbanca» con il 90 per cento dei suffragi) e poi a quella di centrodestra. Nel 2011 viene arrestato per traffico di rifiuti pericolosi. Sciolto, nell'aprile del 2013, il Comune di Montebello Jonico. Il sindaco in carica, al momento della decisione, è Antonio Guarna, del centrodestra, che siede sulla poltrona di primo cittadino dal 2009. Secondo il decreto di scioglimento, c'erano «collegamenti diretti e indiretti tra componenti del consesso e la criminalità organizzata locale che hanno compromesso il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione comunale». Nella lista dei Comuni «decaduti» per mafia c'è anche San Luca. Nel momento in cui la mannaia si abbatte sul piccolo centro della locride, il sindaco è Sebastiano Giorgi, eletto in un lista civica vicina al centrodestra. Pochi mesi prima di finire in carcere accusato di associazione mafiosa, afferma: «Alle ultime politiche ho votato e ho invitato a votare, Grillo. Con lui possiamo mandare a casa chi ha pensato solo a fare carriera con la lotta alla mafia». Quando viene sciolto il consiglio comunale di Taurianova per «riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata», primo cittadino è Domenico Romeo (non indagato), sostenuto dall'Udc. Lo stesso consesso era stato sciolto già nel 2009. Nel decreto ministeriale si legge che nel 2011 «sono stati nuovamente eletti lo stesso sindaco e molti componenti della compagine politica destinataria del provvedimento dissolutorio» di due anni prima. Spostandoci in provincia di Crotone, il provvedimento di scioglimento colpisce anche Cirò, guidata, al momento dell'insediamento della Commissione d'accesso, dal sindaco Mario Caruso, appoggiato dal movimento Grande Sud e dall'Udc. Ed è dell'Udc anche Nicola Brosio, sindaco di San Calogero, Comune in provincia di Vibo Valentia, sciolto sempre nel corso del 2013 dopo l'arrivo della Commissione antimafia nel 2012. Diversa la situazione in Campania, dove nel corso del 2013 sono stati sciolti per l'infiltrazione della criminalità organizzata tre Comuni. Tutti guidati dal centrodestra. Il primo è quello di Giugliano (Napoli) il cui sindaco, al momento dell'insediamento della Commissione d'accesso, è Giovanni Pianese, del Pdl. Secondo un pentito, gli amministratori erano in mano al clan Mallardo. Il secondo è quello di Grazzanise (Caserta). Qui nel 2009 l'allora sindaco, Enrico Parente, viene intercettato dai carabinieri mentre va oltreconfine a curare il boss Michele Zagaria. Nella tornata elettorale successiva la poltrona di primo cittadino viene conquistata dal figlio Pietro Parente, poi rimasto senza maggioranza. Anche il Comune di Quarto (Napoli) viene sciolto per il ruolo della camorra nell'attività amministrativa. Il sindaco, Massimo Carandente Giarrusso, del Pdl, dopo l'arresto di due candidati del centrodestra e un'inchiesta che fa emergere il ruolo dei clan, pur non indagato, si dimette. Arriva la commissione d'accesso e poi lo scioglimento.

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