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Crescono i «Neet». Giovani nullafacenti

La Bce, ripresa lenta

Dossier Bce: non studiano e non lavorano In Italia sono più del 21%. Hanno 15-24 anni

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Non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano, non studiano e non seguono corsi di formazione. Eppure sono giovanissimi con un'età compresa tra i 15 e i 24 anni, una fascia anagrafica in cui si dovrebbero gettare le basi del futuro professionale. È il nuovo aspetto, forse più drammatico, della disoccupazione in Italia. Gli anglosassoni hanno coniato il termine «Neet» per indicare questa marea montante di delusi precoci, di inattivi, che nel giro di pochi anni, dal 2007 al 2012 sono passati da circa il 16% a oltre il 21% del totale. Una percentuale inferiore solo a Grecia e Irlanda. Il quadro emerge dal Bollettino mensile della Bce che insiste sull'alto tasso di disoccupazione giovanile in Italia, Grecia e Spagna. E il miglioramento non è dietro l'angolo. La ripresa «moderata» così come si è manifestata nell'ultimo trimestre del 2013, continuerà a lungo e con il «rischio di volgere al ribasso». Le previsioni indicano un «lento recupero del prodotto nell'area dell'euro, in particolare, si dovrebbe concretizzare un certo miglioramento della domanda interna, sostenuto dall'orientamento accomodante della politica monetaria, da condizioni di finanziamento più favorevoli e dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali». La Bce conferma un livello di inflazione basso nell'area euro (1,1% nel 2014 e all'1,4% per il 2015) ribadisce che i tassi di interesse «resteranno ai livelli attuali o più bassi per un prolungato periodo di tempo». L'Eurotower chiede quindi ai governi di «non vanificare gli sforzi di risanamento» e di proseguire in «modo risoluto» le riforme dei mercati dei beni e servizi e del lavoro. Queste contribuiranno a migliorare il potenziale di crescita dell'area dell'euro. I redditi reali beneficiano della «minore inflazione relativa alla componente energetica», e l'attività economica dovrebbe trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della domanda di esportazioni dell'area». Allo stesso tempo però «seppure in fase di stabilizzazione, la disoccupazione resta elevata nell'area dell'euro e i necessari aggiustamenti di bilancio nei settori pubblico e privato continueranno a pesare sul ritmo della ripresa». Sono i giovani, secondo la Bce, i più colpiti dalle ricadute occupazionali della crisi, in determinati casi a causa di «norme restrittive in materia di tutela del posto di lavoro, che avrebbero favorito l'emergere di un mercato del lavoro duale caratterizzato da divari fra quanti detengono un contratto a tempo indeterminato e chi, specie tra i giovani, ha un contratto a termine». Il bollettino sottolinea che nel 2007 il 50% dei giovani occupati nell'area dell'euro aveva un contratto a termine. La disoccupazione giovanile è a macchia di leopardo nell'Eurozona. Anzi si può dire che c'è un'Europa a due velocità. Mentre in Austria e a Malta l'aumento è stato moderato e in Germania si è persino registrato un calo, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in maniera particolarmente marcata nei Paesi soggetti a tensioni di mercato, portandosi nel 2013 su valori compresi fra il 50% e il 60% in Grecia e in Spagna e raggiungendo livelli prossimi al 40% in Italia, Portogallo e Cipro e al 30% in Irlanda. La Bce però fa anche notare che anche prima della crisi questi Paesi avevano tassi di disoccupazione elevati.

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