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Lega ancora nella bufera per i soldi

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La procura di Roma indaga sulle spese del gruppo al Senato Ipotesi di «paghette» per Bricolo e l'ex ministro Calderoli

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Mala gestione dei conti leghisti continua ad attirare l'attenzione della magistratura. Stavolta, a finire sotto la lente d'ingrandimento della procura di Roma sono le spese sostenute da alcuni senatori. Gli accertamenti, condotti dal pm Roberto Felici, prendono le mosse dall'indagine sull'ex tesoriere del gruppo del Carroccio a Palazzo Madama, Piergiorigio Stiffoni, e in particolare dalle dichiarazioni, rese lo scorso novembre, dalla sua segretaria Manuela Maria Privitera. I verbali sono stati pubblicati ieri mattina da Repubblica scatenando l'immediata reazione del partito. Tutto ruota attorno ai 3 milioni di euro che ogni anno vengono versati al gruppo (15 per l'intera legislatura). Gli inquirenti starebbero cercando riscontri alle rivelazioni della Privitera che, carte alla mano, avrebbe evidenziato l'esistenza di un vero e proprio finanziamento parallelo a quello regolare. Con «paghette» corrisposte in contanti al capogruppo Federico Bricolo, all'ex ministro Roberto Calderoli, ai senatori Lorenzo Bodega (poi passato al gruppo Misto) e Sandro Mazzatorta (vicepresidente e tesoriere del gruppo); pagamenti di affitti; utilizzo di carte di credito ed «extra» per collaboratori. «Mi amareggia infinitamente - replica Bricolo - che, con questo fango da campagna elettorale, il mio nome venga accostato alla schiera di quanti hanno sperperato e lucrato sui soldi pubblici, approfittando dei loro ruoli di potere». L'esponente leghista spiega, in una lunga nota, che «non esiste nessuno "stipendio extra", nessuna "paghetta"», né alcun «benefit» per il capogruppo e di aver subito informato i magistrati «non appena mi sono reso conto che qualcosa non andava nella gestione amministrativa (che tra l'altro avevo ereditato dalla legislatura precedente) dei fondi assegnati al nostro gruppo». «Esiste - prosegue il capogruppo del Carroccio - un fondo, pari al 10% del contributo che il Senato assegna ad ogni Gruppo per il suo funzionamento, destinato, così come recita la delibera attuativa "alle esigenze della Presidenza". Ne hanno sempre usufruito e ne usufruiscono tutt'ora tutti i gruppi parlamentari. Per quanto ci riguarda, dalla primavera scorsa, in ottemperanza ad una spending review interna da me disposta, tale fondo non è stato più utilizzato. Tanto per capire: la scorsa settimana alle consultazioni dal Capo dello Stato ci sono andato con un'auto il cui noleggio (a ore) ho pagato di tasca mia, senza chiedere rimborsi ad alcuno». Bricolo non si ferma: «Nell'articolo si riportano dichiarazioni della ex segretaria addetta all'amministrazione del nostro gruppo che dice testualmente "Il gruppo pagava l'affitto dell'appartamento dove abitava il senatore Bricolo, con bonifico permanente di euro 1250 ed inoltre saldava il conto di una carta di credito che era nella disponibilità esclusiva del Presidente". Non è così e manca un'informazione fondamentale: non c'è stato nessun bonifico permanente visto che utilizzai quel punto di appoggio per soli tre mesi nel 2008; inoltre quei 1250 euro di cui si parla mi venivano ovviamente decurtati (come posso provare dagli estratti conto in mio possesso). Posso affermare senza paura di essere smentito che di certo non mi faccio pagare la casa dal Gruppo, né a Verona dove abito, né tantomeno a Roma né da nessuna altra parte». Poi una battuta sulla Privitera e sulle sue accuse: «Le notizie pubblicate riprendono una vicenda nota, scaturita da una denuncia per appropriazione indebita promossa dal segretario Roberto Maroni a seguito della quale la segretaria del gruppo al Senato è stata licenziata per gravi violazioni disciplinari. La stessa ex lavoratrice ha impugnato il licenziamento e il tribunale di Roma ha rigettato il ricorso riconoscendo la legittimità dell'allontanamento perché fondato su gravi motivi, tra cui i fatti di rilievo penale. In questa chiave di ritorsione e malessere vanno lette e ridimensionate le rivelazioni false e prive di ogni fondamento della ex collaboratrice infedele che dovrà restituire al gruppo i soldi che ha sottratto e per cui la Lega Nord, fino a prova contraria, è parte offesa». Insomma, il Carroccio rinvia al mittente accuse che, se provate, rappresenterebbero un'ulteriore tegola per un partito che già in Regione Lombardia (e si dice presto anche in Piemonte) è alle prese con le spese troppo «allegre» dei suoi consiglieri.

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