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«Strozzato» dalle tasse Depardieu diventa belga

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L'attore: «Ho sempre pagato tutto, merito rispetto»

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Pensate,dunque, solo per un attimo allo sforzo d'identità, di volontà, all'atto rivoluzionario che deve aver maturato dentro di sé per poi compierlo l'attore francese Gerard Depardieu, chiedendo il passaporto belga e restituendo quello della madre patria, dopo le dure accuse rivoltegli dal Governo per la scelta di trasferire la propria residenza in Belgio e sfuggire alla super tassa per i paperoni che l'Esecutivo socialista di Hollande ha varato. Ieri, in una lettera aperta al Journal du Dimanche, rivolto al premier francese Jean-Marc Ayrault, l'attore 64enne ha spiegato che rinuncia al passaporto francese e alla tessera sanitaria «mai utilizzata» per lasciare un Paese che punisce «il successo, la creatività e il talento». «Tutti quelli che hanno lasciato la Francia - scrive - non sono stati insultati come sono stato io, me ne vado dopo aver pagato, nel 2012, l'85% di imposta sui miei redditi. Ora non abbiano più la stessa patria - aggiunge Depardieu - io sono un vero europeo, un cittadino del mondo come mi ha sempre insegnato mio padre». Il passaggio più forte della lettera di Depardieu al premier francese è quando l'attore annota della sua biografia, lui nato da umili origini e non con la strada spianata: «Ho iniziato a lavorare a 14 anni, ho sempre pagato le tasse: non ho mai ammazzato nessuno, non credo di aver demeritato, ho pagato 145 milioni di euro di tasse in 45 anni, faccio lavorare 80 persone, rifiuto il termine "miserabile"». Patetico era l'aggettivo che Ayrault aveva indirizzato a Depardieu appena saputo della sua volontà di trasferire la residenza in Belgio per difendersi dalla voracità del fisco gallico. Con la sua missiva, oltre a sollevare polemiche e discussioni Oltralpe sull'egoismo dei ricchi - una critica facile, vien da chiosare - Depardieu ha per la verità posto una questione cruciale per la Francia: lui, che si è fatto da sé, che ha la propria ricchezza alla luce del sole, che non la sposta in paradisi fiscali, che è un contribuente onesto (fino a prova contraria) per tutelarsi sceglie di non essere più francese perché non avrebbe altra strada che pagare o fare il furbo. «Non chiedo di essere approvato - dice l'attore - ma di essere almeno rispettato». Così mentre il ministro del Lavoro francese, Michel Sapin, ribadisce la volontà del governo di rinegoziare gli accordi fiscali con il Belgio perché «non si può appartenere a uno stesso contesto economico, sociale e politico se non c'è un minimo di armonizzazione fiscale», in Italia dovremmo riflettere sul caso Depardieu. Perché da noi la pressione fiscale è altissima, non ancora quanto in Francia col 75%, ma poco ci manca. Per questo emigrare nel Belpaese con la speranza di pagare meno tasse non è venuto in mente neppure a Gerard Depardieu, lui che mentre preparava una nostrana salsa di pomodoro sorrideva e assaggiava, dicendo con orgoglio: «Tengo cuore italiano».

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