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Roberto Formigoni indagato.

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Corruzionee finanziamento illecito per circa mezzo milione di euro a sostegno della campagna elettorale che per la quarta volta di seguito gli ha consegnato il Pirellone, questi i reati ipotizzati dalla Procura di Milano nei confronti del Governatore. Al centro dell'indagine sempre i 70 milioni di euro «girati» dalla fondazione Maugeri a Daccò per la sua attività «di disincaglio» di fondi regionali. Da parte sua il Governatore non solo non pensa a dimettersi, ma «sereno e tranquillo» nega ogni addebito in un crescendo di dichiarazioni: da un «non ne so nulla» a «la notizia è destituita di ogni fondamento». Poi la richiesta di una smentita al Corriere della Sera per aver pubblicato in anteprima proprio la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati. «Ho sempre detto che queste accuse che vengono sollevate su di me sempre e solo sui giornali sono false e che se qualcuno dimostrasse che ho portato vantaggi a Daccò mi dimetterei», ha aggiunto, precisando che le accuse vanno dimostrate «in maniera inoppugnabile» e che «non basta scriverle sui giornali». Intanto, da quanto è filtrato da fonti vicine all'indagine, la corruzione ipotizzata per Formigoni è stata contestata in concorso con Daccò e con altre persone tra le quali ci sarebbero Carlo Lucchina, il direttore dell'assessorato alla Sanità, e Costantino Passerino, l'ex direttore amministrativo della Maugeri. Non si sa invece se anche Antonio Simone, assessore regionale negli anni '90, risponde delle nuove ipotesi di reato. Anche lui e Daccò, amici di vecchia data del «Celeste», sono in carcere. Il faccendiere per giunta dallo scorso novembre perchè coinvolto anche nel caso San Raffaele. Da quanto si è appreso, a portare all'iscrizione del Governatore non solo ci sarebbero alcune dichiarazioni rese dalle persone arrestate, ma anche l'esame delle delibere della giunta regionale sulle funzioni sanitarie non tariffabili assegnate, si ritiene in modo discrezionale, alla struttura riabilitativa con sede a Pavia. Si tratta di provvedimenti «complessi» che avrebbero consentito la maggiorazione dei rimborsi pubblici e che, è la ricostruzione degli inquirenti, avrebbero rappresentato la contropartita dei benefit di lusso, come viaggi esotici e vacanze su mega yacht, e delle «altre utilità» messi a disposizione da Daccò, come lui stesso ha messo a verbale, a Formigoni e al suo entourage. E i conti, questo è il sospetto, sarebbero stati pagati, in ultima analisi, con i fondi «drenati» dalle casse della Maugeri finiti nelle tasche del faccendiere e dei quali avrebbero fatto parte anche i 500 mila euro che sarebbero andati a rimpinguare i finanziamenti per l'ultima campagna elettorale del Presidente. In attesa della discovery degli atti d'indagine, Formigoni ancora nel tardo pomeriggio ha ripetuto: «Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia e, quindi, non sono indagato. Sono certo che in Procura a Milano non esiste un magistrato che si macchi di una colpa così grave, cioè informare la stampa e non il sottoscritto. Chi sostiene ciò - ha concluso il «Celeste» - dica il nome di questo magistrato che denuncerò immediatamente per aver violato le norme più elementari del diritto».Car. Sol.

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