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L'ultima chiamata per i partiti

Il segreatrio del Pdl Angelino Alfano, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il segretario dell'Udc Pier Ferdinando Casini

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Al netto degli aspetti locali, che naturalmente sono rilevantissimi per la natura stessa di questo turno elettorale, che è amministrativo, sono solo 21, degli oltre 900 in cui si sta votando, i Comuni con i cui risultati complessivi sarà possibile tentare un'analisi politica attendibile a livello nazionale. Sono i 21 Comuni, dei 27 capoluoghi di provincia interessati a questo turno elettorale, in cui si è votato anche nelle elezioni regionali del 2010. Qui i partiti potranno misurare davvero in una proiezione nazionale i loro guadagni o le loro perdite, a seconda dei casi, e valutare gli effetti che possono avere prodotto le scelte compiute in questi ultimi due anni. Nei quali è accaduto di tutto e di più: scissioni, crisi economica e crisi di governo. Una crisi, quest'ultima, da cui nessuno può dire di essere uscito soddisfatto davvero, visto che i partiti hanno dovuto o rassegnarsi a sostenere un governo tecnico, o passare dalla maggioranza all'opposizione, o rimanere all'opposizione.  Nessuno, ripeto, può sentirsi soddisfatto del tutto, neppure chi sembrava fino all'altro ieri l'unico titolato a poter cantare vittoria, avendo reclamato per primo, e alla fine ottenuto, la formazione di un governo di pausa o tregua politica.  È naturalmente Pier Ferdinando Casini, giunto proprio in questi ultimi giorni ad un tale stato di preoccupazione per le condizioni dell'esecutivo da lanciare un vero e proprio allarme e da reclamare un incontro chiarificatore fra i leader della maggioranza. I quali gli hanno peraltro risposto non rasserenandolo per niente. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, per esempio, lo ha accusato di «pretattica», sentendosi ingiustamente sospettato di essere tentato dalle elezioni anticipate. Dal Pdl hanno detto che in effetti ci sono molte cose da chiarire. Forse a cominciare dall'attività di pesca, chiamiamola così, che lo stesso Casini intende svolgere politicamente con l'imbarcazione in allestimento dopo l'annuncio dello scioglimento della sua Udc. Nei 21 fra i maggiori comuni dove si voterà sino a questo pomeriggio e si è votato anche due anni fa per i Consigli regionali i partiti si sono presentati ai nastri di partenza con dati ben difficilmente replicabili.  Il Pdl, per esempio, già si aspetta di arretrare dalla media del 30,8 per cento dei voti raccolta nel 2010, avendo perduto per strada, in ordine di tempo, la componente di stretta osservanza finiana, il governo e i rapporti di alleanza, spesso anche locale, con la Lega.  La quale, dal canto suo, convinta sino a qualche mese fa di potere da sola raggiungere chissà quale vetta grazie alla sua forte azione di contrasto al nuovo governo, è la prima forse a dubitare di potere riprendere l'11,4 per cento di due anni fa. Il partito del Carroccio lamenta il «fango» rovesciatogli addosso dagli avversari e dalle Procure della Repubblica. Ma se lo è in buona parte procurato da solo, questo fango, con una gestione dei suoi cosiddetti rimborsi elettorali, scomposta quanto la lotta interna esplosa per la successione ad Umberto Bossi.  Che peraltro sembra tutt'altro che rassegnato a mettersi da parte davvero, come aveva fatto credere in un primo momento dimettendosi da segretario, assumendo una presidenza apparentemente onoraria, scusandosi per essersi fatto prendere la mano da familiari e famigli e piangendo tra abbracci al maggiore aspirante alla successione,  l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni, e sventolii di ramazze. Preferite questa volta ai cappi sventolati nelle aule parlamentari una ventina d'anni fa contro gli esponenti degli altri partiti indagati per Tangentopoli. Il Pd, passato nel frattempo dalla guida di Walter Veltroni a quella di Bersani con l'intermezzo di Dario Franceschini, ambisce a superare il 29,3 per cento di due anni fa, ma deve fare i conti con la concorrenza di alleati ch'esso stesso ha contribuito a fare crescere in questi ultimi tempi, subendone spesso anche i candidati nelle primarie delle elezioni locali svoltesi dopo le regionali.  Vedremo, fra l'altro, se e di quanto la sinistra di Nichi Vendola supererà il 3,6 per cento del 2010. E vorrà o saprà tradurre gli eventuali guadagni in un aumento del proprio potere contrattuale con Bersani per realizzare nelle elezioni politiche generali l'alleanza prenotata nello scorso autunno con la famosa foto di Vasto: quella in cui i due posarono festosamente con Antonio Di Pietro.  Il quale nelle regionali del 2010 prese già un consistente 8,2 per cento di voti, destinato forse ad aumentare con quel che sta dicendo e facendo contro il governo Monti, da una parte scontrandosi con il pur potenziale alleato Bersani e dall'altro facendo concorrenza al movimento grillino delle cinque stelle. Beppe Grillo, partendo dall'1,6 per cento delle regionali del 2010, è il più favorito fra tutti i concorrenti di sinistra. Gli basterebbe un altro 1,6 per cento per poter dire di essere cresciuto del doppio, o del triplo con un altro 1,6 ancora, e via moltiplicando.  Con il rischio di togliere al povero segretario del Pd anche le famose bambole di Maurizio Crozza da pettinare.

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