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Il Grillo parlante non risponde

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In tour: dalla Val Padana a Palermo, «dalle Dolomiti al mare», come sbandierato ai quattro venti sul suo blog e su tutti i social network. E in fuga. Dalla tv, da salotti un tempo amici, da ogni possibile confronto. Beppe Grillo - guru incontrastato dell'antipolitica, teorico sprezzante della trasparenza, del dialogo e della partecipazione democratica - adesso scappa. Si offende, mette il broncio, «se la tira». Come il più classico dei politici davanti a una domanda scomoda. Il comico genovese aveva dichiarato guerra al piccolo schermo già alcuni giorni fa: «I talk show televisivi sono un'arma contro il Movimento 5 Stelle, sono spazi poco igienici dove chi partecipa viene omologato alle scorie del Sistema. Chi si siede su quella poltroncina, su quella sedia, è alla mercè di conduttori schierati che hanno due obiettivi: lo share e l'obbedienza al partito o allo schieramento di riferimento», scriveva sul suo blog. Convinto sostenitore delle possibilità offerte dalla rete, il "Grillo parlante" assicurava ai suoi: «La rivoluzione non sarà televisiva. La televisione è in mano al potere costituito. O ti oscura o deforma il tuo messaggio». Di più: «Entrare in uno studio in cui tutti, ma proprio tutti sono contro di te e non hai neppure il diritto di parola, perché ti viene tolta al momento opportuno da conduttori prezzolati, è fare il gioco dei partiti», tuonava. L'occasione è ghiotta. Michele Santoro è il primo a coglierla al volo: se Grillo non va in tv, la tv va da Grillo. Tocca a Luca Bertazzoni uscire dallo studio e andare a trovare il comico genovese quando gioca in casa. Quando, one man show, da un palco lancia urla a una piazza piena di gente. Siamo a Padova, è il 25 aprile. Il "comizio" del leader del Movimento 5 Stelle viene registrato e trasmesso nelle sue parti più significative: dagli insulti ai «partiti "diarrea", che fanno finta di essere lista civica perché con le loro facce sono morti» al «chi me lo fa fare? Potevo starmene nella mia villa, chiudevo il cancello elettrico e guardavo questo Paese andare allo sfascio», fino alla teorizzazione dell'uscita dall'euro, vero e proprio «cappio» per l'Italia e gli italiani. Quando lo spettacolo finisce, l'inviato di Servizio pubblico va da Beppe per fargli alcune domande. Lui inizia a correre. Gira intorno al camper del Movimento 5 stelle con cui è in tour. Bertazzoni - microfono alla mano - lo insegue, ma non c'è niente da fare. Grillo si chiude dentro. È lo stesso Santoro, giovedì sera in diretta tv, a riservargli una tirata d'orecchie. Da tribuno a tribuno. «Caro Beppe - esordisce - è singolare che non accetti alcuna critica, alcuna domanda scomoda. Metti il muso, ti imbronci, fai un po' come fanno le zite contegnose. Stai sulle tue», lo bacchetta. Il compagno Michele si interroga sul mondo che il comico genovese vuole costruire. «Possibile - chiede direttamente a lui - che in questo mondo le uniche cose degne siano quelle che riguardano te e i ragazzi che ti danno ragione? Apritevi al confronto», ammonisce sicuro. La grande fuga di Beppe, però, non riguarda solo i vecchi amici. La strategia scelta dal "Grillo parlante" è quella dell'eroe che combatte contro tutto e tutti. Che vede nemici ovunque. Anche al Salone del libro di Torino, dove è stato invitato per presentare il suo ultimo libro. Beppe non ci andrà. «Il 13 maggio avrei dovuto presentare il mio libro "Siamo in guerra" al Salone del Libro di Torino a cui ero stato invitato - scrive sul suo blog - Il direttore artistico Ernesto Ferrero ha dichiarato che l'invito non è "ufficiale" e ha puntualizzato che "Siamo per il confronto libero e rispettoso. Mi piacerebbe che Grillo parlasse di cose concrete, abbandonando l'insulto e l'invettiva, che non ci appartengono". Ne prendo atto e non andrò al Salone come ospite indesiderato». Nulla di nuovo, per carità. Grillo lo aveva già fatto. Nel 2008, sempre sul suo blog scriveva: «Ernesto Ferrero, il direttore della Fiera del Libro di Torino, ha dettato a La Stampa termini e condizioni per la mia partecipazione. La mia ammissione alla conferenza di chiusura è subordinata a patto che parli di libri e punti su concetti edificanti. Belin, questa è censura preventiva. Ho deciso: non posso partecipare». Da allora molto è cambiato. La politica è sempre più in crisi e - mentre i partiti perdono consensi - il "Grillo parlante" cresce (i sondaggi lo danno ormai oltre l'8%). Lo scontro, insomma, si fa sempre più acceso. È di ieri l'ultima sfida lanciata sul blog. Commentando il downgrade della Spagna, Beppe scrive: «Tutti più poveri, ma per cosa? In gioco non c'è solo l'euro, ma un modello di sviluppo superato e la distruzione degli Stati sociali. Loro non si arrenderanno mai. Noi neppure. Ci vediamo in Parlamento». Poi, ritornato su un palco, ancora una volta senza contraddittorio, si rivolge a Napolitano: «Se il presidente della Repubblica parlando di qualunquismo si riferiva al mio movimento sbaglia. Noi non siamo qualunquisti: abbiamo 450 rappresentanti già eletti in Comuni e Regioni. Se intende darci contro - aggiunge - ha sbagliato perché si schiera e il Presidente della Repubblica deve essere il presidente di tutti. I partiti non sono fondamentali. Sono fondamentali per lui. C'è democrazia anche senza i partiti». Bè, se lo dice un democratico come Grillo.

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