Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Passera sgambetta il Pdl sulle frequenze tv

Il ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture Corrado Passera

  • a
  • a
  • a

Uno schiaffo al Pdl. Di quelli che fanno male e che possono compromettere la luna di miele tra il partito di Berlusconi e il governo. Il provvedimento che ieri ha fatto saltare i nervi al centrodestra è stato l'emendamento che il governo ha presentato sulla modifica del Beauty Contest, introducendo l'assegnazione con un asta, non più gratuita, delle frequenze televisive. Prevedendo così di incassare tra 1 e 1,2 miliardi di euro. Ma il testo che, di prima mattina, è arrivato in commissione Finanze della Camera, collegato al decreto fiscale, non era quello che fino a notte fonda gli esponenti del Pdl – e in particolare Paolo Romani – avevano concordato con Corrado Passera. Nel nuovo emendamento è stato infatti fissato un tetto di un massimo di cinque multiplex per ogni detentore. Oggi, ad esempio, Mediaset ne ha già quattro e non potrà quindi andare oltre un'altra acquisizione. Un cedimento alle richieste di Bersani, accusano dal Pdl. Il secondo dopo la modifica sull'articolo 18, anche questo nel solco delle proteste del Pd. E se dalle parti di via del Nazareno esultano per il doppio vantaggio, in via dell'Umiltà sono furiosi. L'artefice di tutto è stato il ministro dello Sviluppo Corrado Passera – con il quale per tutta la notte ci sono state telefonate «tempestose» con il Pdl – ovviamente con il via libera di Mario Monti. E al premier ieri ha dato sostegno con una nota ufficiale anche la Ue. Il commissario alla concorrenza Joaquin Almunia si è affrettato a mandare una nota nella quale ha spiegato che la «Commissione accoglie favorevolmente l'annuncio del governo italiano in merito all'effettuazione di un'asta per l'assegnazione delle frequenze televisive digitali. Questa nuova proposta dovrebbe contribuire a un uso efficiente dello spettro e allo stesso tempo promuovere la concorrenza nel mercato italiano della diffusione televisiva, in virtù del trattamento preferenziale riservato ai nuovi entranti». Parole che in molti hanno letto come la prova evidente di un «asse» tra Buxelles e Monti. Anche perché l'assegnazione con la gara è uno dei modi che si possono usare ma non quello prevalente. Anzi, è molto più usato il Beauty Contest che prevede che vengano date determinate risorse a soggetti che le possono utilizzare nel miglior modo possibile, facendole quindi rendere al meglio dal punto di vista economico e finanziario. Così come aveva deciso il governo Berlusconi. Quando ieri mattina il testo è arrivato in commissione Finanze alla Camera è sceso il gelo tra gli esponenti del Popolo della Libertà. L'ex ministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, ha tentato, inutilmente, per tutta la giornata di parlare con Palazzo Chigi. Poi ha provato a chiedere al sottosegretario Giampaolo D'Andrea di rintracciare il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, mentre il presidente della commissione, Gianfranco Conte, ha addirittura sospeso per un'ora i lavori. E durante la trattativa Paolo Romani si è letteralmente infuriato con il sottosegretario Antonio Catricalà: «Ma chi l'ha scritto questo emendamento – ha urlato al telefono – Paolo Gentiloni?». Nel pomeriggio però il testo è passato nonostante il voto contrario del Pdl e di Grande Sud. Alla fine è stato proprio Paolo Romani a dare sfogo alla rabbia del partito: «Si tratta di un colossale pasticcio, il ministro si è assunto la gravissima responsabilità di non tener conto delle indicazioni e degli accordi presi con noi. È grave e inammissibile che questo ministro faccia una mediazione successiva con il Pd, senza rendersi conto della rilevanza dei cambiamenti intervenuti». Volti soddisfatti, invece, nel Partito Democratico. «Non capisco le ragioni del dietrofront di Alfano che ha votato contro senza neanche presentare subemendamenti. Non vorrei che si aspettassero un'asta col trucco – ha commentato Paolo Gentiloni – La motivazione del no è infatti che l'emendamento del governo richiama il tetto massimo di cinque per ciascun detentore di multiplex; tetto fissato, d'intesa con l'Ue nel bando per il beauty contest». «Il Pdl – ha concluso – sperava che nel passaggio dal beauty contest all'asta il tetto antitrust si perdesse per strada, consentendo magari a Mediaset di passare dagli attuali quattro multiplex non a cinque, ma addirittura a sei o sette? Così non poteva essere, ovviamente».

Dai blog