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«Non mi sono appropriato dell'oro. Ne ero il custode»

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L'extesoriere del Carroccio - per la prima volta da quando lo scandalo Lega è cominciato - ha deciso di dire direttamente la sua per quanto riguarda le accuse di «appropriazione» mosse nei suoi confronti da esponenti del suo - ex - partito. E, per la prima volta, parla di «disegno politico» contro di lui, per screditarlo. «Io non mi sono mai appropriato dell'oro e dei diamanti della Lega - spiega - Io ne ero solo il custode in virtù dell'incarico di tesoriere ricoperto nel partito». La decisione da parte di Belsito di uscire allo scoperto deriva dalle dichiarazioni fatte a Ballarò dal presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota. Intervenendo alla trasmissione di Raitre, il presidente della Regione Piemonte aveva detto di essere rimasto «sgomento» di fronte allo scandalo: «Verranno accertate le responsabilità, e noi chiediamo tempi rapidi - ha affermato Cota - Peraltro questi lingotti sono stati riconsegnati alla Lega perché sono della Lega, che in questa vicenda è parte lesa. Lui (Belsito) si è appropriato di soldi della Lega per comprarsi quei diamanti». Belsito deve esserci rimasto male. E, di fronte a queste parole, per la prima volta ha deciso di dire la sua verità: «Non è dato comprendere come il presidente Cota abbia potuto parlare di appropriazione dell'oro e dei diamanti, visto che gli stessi sono stati acquistati nell'ambito di regolari investimenti dei soldi della Lega, perfettamente tracciabili in quanto provenienti da conti correnti intestati al partito». «Io - ha aggiunto - ne avevo la custodia in quanto tesoriere. Lo prova il fatto che non appena cessato l'incarico mi sono immediatamente attivato per il trasferimento dei beni al nuovo tesoriere». In effetti, Belsito ha provveduto due giorni fa alla riconsegna dei dieci lingotti d'oro e gli undici diamanti in suo possesso, che ha fatto recapitare in via Bellerio insieme all'Audi A6 utilizzata anche da Renzo Bossi. «Con tutta evidenza - ha aggiunto - la dichiarazione di Cota pare inserirsi in un disegno politico volto a screditare il sottoscritto, anche in relazione a fatti sui quali non vi dovrebbe essere alcun dubbio sulla legittimità dell'operato». Se lo dice lui.

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