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Indagato il tesoriere I leghisti tremano

Un'immagine del tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito

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Tesori (pubblici) e tesorieri. Adesso trema la Lega. A finire nel mirino della magistratura questa volta è Francesco Belsito, responsabile della cassa del Carroccio. È indagato per truffa ai danni dello Stato, riciclaggio e appropriazione indebita nell'ambito di un'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, e dai pm Roberto Pellicano e Antonio Filippini. Le volanti dei carabinieri arrivano di buon mattino a via Bellerio e mettono a soqquadro gli uffici. «La gestione della tesoreria del partito - scrivono gli inquirenti nel decreto di perquisizione - è avvenuta nella più completa opacità fin dal 2004». Su Belsito non hanno dubbi: «Ha alimentato la cassa con denaro non contabilizzato ed ha effettuato pagamenti e impieghi, anch'essi non contabilizzati o contabilizzati in modo non veritiero». La Lega è parte lesa, si dirà. Il primo a dirlo, in mattinata, è Maroni. L'ex ministro dell'Interno, però, chiede al tesoriere un passo indietro. Verrà accontentato a tarda sera, quando Belsito, dopo un colloquio con Bossi, decide di lasciare l'incarico. Ma dicendo che «non abbiamo nulla da nascondere». Mentre Bossi accusa: «Colpiscono me perché vogliono colpire la Lega». La situazione si è complicata. Soprattutto per il Senatùr. Non solo "fantasiosi" investimenti in Tanzania e rendicontazioni false grazie alle quali il Carroccio nell'agosto del 2011 ha ottenuto dallo Stato circa 18 milioni in rimborsi elettorali. Gli inquirenti - citando una nota fornita dai carabinieri del Noe - parlano di «esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega». «I costi della famiglia», li chiamano. Alberghi, cene, viaggi. Secondo gli uomini dell'Arma, Belsito avrebbe foraggiato coi rimborsi elettorali i figli di Bossi e la vice presidente del Senato Rosi Mauro, sua stretta collaboratrice e componente del «cerchio magico». Una parte del "malloppo" sarebbe servito, poi, per finanziare la campagna elettorale di Renzo Bossi, adesso consigliere regionale in Lombardia. Di più. Il tesoriere avrebbe utilizzato parte dei fondi del partito per pagare i lavori di ristrutturazione della villa del capo a Gemonio. Soldi - troppi - e case. Di nuovo. Anche se - sottolineano fonti della procura - il Senatùr e i suoi familiari non sono indagati. Non solo Milano, però. L'inchiesta coinvolge anche le procure di Napoli e Reggio Calabria. Nella sede milanese del Carroccio, in mattinata, arriva anche Henry John Woodcock. In tutto, le perquisizioni a fine giornata saranno una trentina, in diverse zone d'Italia. Tutto ha origine dal vaso di Pandora chiamato P4. Non che ci siano relazioni dirette tra la presunta associazione segreta e l'indagine che ha portato la procura di Napoli a indagare, per l'ipotesi di riciclaggio, il tesoriere del Carroccio, ma sta di fatto che anche questa vicenda è emersa da alcune intercettazioni telefoniche disposte nell'ambito del procedimento a carico del direttore de L'Avanti Valter Lavitola, latitante in Sudamerica da settembre. I magistrati si sono imbattuti nella figura dell'imprenditore veneto Stefano Bonet (indagato con altri uomini d'affari) e in una serie di operazioni economiche «spregiudicate» per gli inquirenti. Sotto la lente dei pm vi sono le somme movimentate da Belsito e le «operazioni economiche riconducibili ad attività di riciclaggio riconducibili a Bonet». Ritroviamo Belsito, Bonet e le loro operazioni «spregiudicate» anche a Reggio Calabria. Un bonifico di sei milioni all'estero, a Cipro e in Tanzania, che potrebbe nascondere un'operazione di riciclaggio da parte di una delle cosche di 'ndrangheta tra le più potenti, (quella dei De Stefano) è l'ipotesi su cui lavora la Dda reggina che ha messo nel registro degli indagati, per riciclaggio, il tesoriere della Lega. L'inchiesta ruota attorno a Romolo Girardelli, un faccendiere genovese legato, per la Dda, ad elementi di primissimo piano dei De Stefano per i quali già in passato avrebbe svolto l'attività di riciclatore. Adesso gli inquirenti lo hanno ritrovato socio di Belsito, attraverso il figlio Alex Girardelli, nella Effebi Immobiliare, società con sede a Genova e attiva nel settore immobiliare e commerciale. Girardelli è risultato anche essere responsabile dello sportello genovese di un'altra società, la Polare, riconducibile a Bonet. L'attenzione degli inquirenti è su altre operazioni condotte dal gruppo Bonet per un importo di circa 12 milioni con la società Siram, con la quale la Polare, scrivono i pm, «ha stipulato un accordo nel settore dell'innovazione e della ricerca, giovandosi del patrocinio politico di Belsito». Altro che «Roma ladrona».

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