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"I moderati divisi sono un favore alla sinistra"

Il presidente del Pdl Silvio Berlusconi parla dal palco del primo congresso del Pdl a Milano

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Lodi sperticate ad Alfano e due certezze: il partito non si tocca, il nome sì. «Perché Pdl ci siamo accorti che non emoziona» ha spiegato ieri Berlusconi dal palco del congresso di Milano che dovrà eleggere il coordinatore cittadino. E poco dopo l'ex ministro Gianfranco Rotondi ha confidato su twitter che il nome esisterebbe già: «Italia e Libertà». Ma il Cavaliere ha battuto anche su un altro tasto, quello che ormai sembra diventato il suo chiodo fisso, la creazione di una grande casa di tutti i moderati. Per questo, pur non citandolo direttamente, il richiamo sembra proprio a Pier Ferdinando Casini, anche lui ieri nel capoluogo lombardo per un congresso Udc. «Quel moderato che magari restando dentro al partito dei moderati in Europa si divide, è colpevole di un fatto gravissimo – ha rilanciato alzando la voce – dà la possibilità di vittoria alla sinistra, che nel Paese è sempre la minoranza». E poco dopo, parlando della riforma della legge elettorale – «tutto dipenderà da quali saranno gli accordi e le possibili alleanze in campo» – è tornato a insistere sul bisogno di unità: «Noi sappiamo benissimo che dal '46 in poi i moderati sono stati la maggioranza dell'Italia, purché non si dividano». Ad ascoltarlo in platea, accanto al presidente della Lombardia Roberto Formigoni, c'è la consigliera regionale Nicole Minetti. Manca invece il segretario del Pdl Angelino Alfano. Verso il quale Berlusconi ha ribadito la sua totale fiducia, esibendo una specie di prova televisiva per confermare che a Bruxelles non si è lasciato scappare alcun commento negativo verso di lui. «Scrivono oggi che mi correggo – si è difeso – Ma cosa correggo se non ho mai detto nulla del genere su Alfano?». Angelino, ha ribattuto, ha tutte le carte in regola e gli altri segretari «se li mangia a colazione, a pranzo e a cena». Invece, all'idea di Giuliano Ferrara di creare una nuova formazione politica Berlusconi ha detto no grazie: «Saremmo matti a fondare un altro partito, "Tutti insieme per l'Italia" è una bellissima idea di Giuliano Ferrara. Io non ho partecipato». Poi ha raccontato di aver sentito il giornalista al telefono e avergli detto che «di tutto c'è bisogno tranne che di un altro partito». Vero invece che si sta valutando «l'opportunità di cambiare il nome perché c'è l'acronimo Pdl, e al Sud ci si mette anche l'articolo "la", diventa "La Pdl" e ci è sembrato che non commuova. Ce lo domandiamo e al prossimo congresso nazionale porteremo all'attenzione dei congressisti le proposte». In previsione delle prossime elezioni politiche al Cav interessa però la riforma della legge elettorale: «Gli italiani votano male perché frazionano il voto un 5% a Grillo, un 7% all'Idv, un 9% a Bossi». Per questo resta solo un 25-30% di voti per i due partiti più grandi che si devono alleare con quelli minori. «E i partitini – Ha aggiunto – non si fondano su valori ma sull'autoreferenzialità dei singoli leader. Quando c'è la riforma della giustizia intervengono nella discussione prima del Consiglio dei ministri e prima della discussione il disegno di legge è inquinato da interventi diversi delle forze politiche minori». E questo perché, ha ripetuto l'ex premier, l'ordinamento attuale non prevede alcun potere per il presidente del Consiglio. «Al governo sono rimasti il decreto legge e il disegno di legge ma il decreto non è un atto del governo ma del Presidente della Repubblica, che decide se dare la sua firma o no». Critica velata al Capo dello Stato nei confronti del quale però Berlusconi non vuole alimentare polemiche: «Lo stimiamo e lo saluto con simpatia e fiducia». Però, ha aggiunto, «dall'attuale Presidente della Repubblica non abbiamo avuto, quando studiavamo le misure richieste dall'Europa con la famosa lettera, il via a un decreto e ci accingevamo a un disegno di legge». Finito l'intervento Berlusconi è andato a pranzo con un gruppo di dirigenti al ristorante «Giannino» e c'è spazio per quelli che sono i progetti per il futuro. Il Cavaliere ha raccontato di avere in testa «tre ruoli» che vuole ricoprire: quello di presidente del Milan, di presidente dell'Università della libertà e di presidente di una fondazione per costruire nel mondo ospedali per i bambini.

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