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Molti errori. Tre certezze

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Silvio Berlusconi

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La politica non è una scienza esatta, ma neppure un gioco dove la logica e i numeri non contano. Berlusconi l'altro ieri ha detto che anche dopo il voto del 2013 ci sono ottime possibilità di vedere un governo Monti sostenuto da una larga coalizione composta da Pdl, Pd e Udc. Su questo punto Casini ha dato una sua disponibilità e Bersani si è spaventato al punto da farfugliare una risposta politicamente incomprensibile. È uno scenario molto chiaro, ma siccome siamo in Italia il day after è fatto di complicazioni. E allora molti hanno pensato che Berlusconi voglia scaricare il «delfino» Alfano. Non è così, il Cavaliere ha le sue estemporaneità, ma sa che nel suo partito nessuno ha le qualità dell'Angelino custode: ha capacità retoriche, scuola democristiana, è giovane e ha il physique du role per interpretare il passaggio dal berlusconismo a un dopo ancora da scrivere. Tutti gli altri personaggi in cerca d'autore nel Pdl sono già vecchi, possono avere un peso e dire la loro, ma non costituiscono un investimento per il futuro. Il resto della discussione e altre ipotesi che fioriscono possono essere utili ai fini del dibattito e perfino risultare divertenti per noi che scriviamo, ma fanno parte dell'esotico della politica, non della realtà: 1.un'ammucchiata elettorale dei «diversi» (Pdl, Pd e Udc) non si può fare; 2. un partito del «tutti dentro appassionatamente e scurdammoce 'o passato» è una mission impossible, basta sfogliare l'album di famiglia della nostra politica per rendersene conto; 3. un ritorno del tran tran Lega-Pdl contro Pd-Udc-Terzo Polo è un viaggio all'indietro con la macchina del tempo. E allora che succede? Berlusconi è una fucina di invenzioni, non tutte fanno parte del mondo del possibile, ma su tre punti chiave ha colto lo scenario: 1. Alfano deve fare il segretario del Pdl e deve essere sostenuto in questa sua missione; 2. il governo Monti è un esperimento che tutto sommato funziona e un bis non sarebbe affatto un errore; 3. il futuro di Berlusconi è quello di fare il «king maker» del prossimo esecutivo, qualunque esso sia, meglio se frutto di un accordo di larghe intese. C'è altro? Sì, la noia.

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