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Altro no Ue ad Atene, Venizelos taglia ancora

Il ministro delle Finanze grecoEvangelos Venizelos (D) e il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker

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Almeno hanno risparmiato i biglietti degli aerei. I ministri finanziari dell'Ue si sono riuniti ieri solo con la teleconferenza per dirsi quello che era già stato deciso informalmente sul destino della Grecia. Ovvero: la cassa resta ancora chiusa. Dei 150 miliardi di euro promessi ad Atene per evitare il default delle finanze pubbliche non si è visto nemmeno un centesimo. I rigoristi europei non si sono accontentati della manovra lacrime e sangue da 3,3 miliardi. E nemmeno di quello versato sulle strade di Atene dai contestatori della manovra approvata domenica dal Parlamento. Restano ancora i dettagli. E la certezza che la flessibilità non è più presente nell'armamentario della politica europea. «La Grecia ha fatto molto, ma resta altro lavoro da fare, e siamo fiduciosi che l'Eurogruppo sarà nelle condizioni di prendere le necessarie decisioni lunedì»: queste le conclusioni del vertice di ieri. «Sono stati fatti progressi sostanziali rispetto a ieri (martedì ndr): primo, abbiamo ricevuto forti assicurazioni dai leader delle due coalizioni nel governo greco. Secondo, la troika ha finalizzato l'analisi sulla sostenibilità del debito ellenico, e terzo, troika e governo hanno individuato misure di consolidamento per altri 325 milioni di euro» è stato scritto nella nota finale dell'Eurogruppo firmata dal presidente Jean Claude Juncker. Ma «altre considerazioni sono necessarie, in particolare sul rafforzamento della sorveglianza», che monitorerà l'applicazione del programma di austerità e assicurerà che l'attenzione del governo sia sempre alla riduzione del debito. «Tali misure rafforzeranno ancora di più la sostenibilità del debito», ha spiegato Juncker. Che ha annunciato: «Sulla base di questi elementi che attualmente sono sul tavolo, sono fiducioso che l'Eurogruppo sarà in grado di prendere tutte le decisioni necessarie il 20 febbraio». Insomma l'Europa non si fida più della Grecia. l'Europa, non ne può più di strappare con la forza impegni ai politici, e rimanda ancora una volta la decisione sui nuovi aiuti. La concessione dei fondi slitta almeno fino alla nuova riunione dell'Eurozona di lunedì, ma si fa strada l'ipotesi di un rinvio a dopo le elezioni di aprile. Il presidente Juncker è fiducioso che le «necessarie decisioni» saranno prese lunedì, quando i ministri potrebbero chiedere apertamente alla Grecia di aspettare le sue elezioni, e nel frattempo potrebbero farla rimanere a galla con un prestito ponte che le consentirebbe di rispettare almeno la scadenza del 20 marzo, quando dovrà ripagare, con gli interessi, 14,5 miliardi di bond. Da Atene il ministro delle finanze Evangelos Venizelos ha però fatto sapere in serata che governo greco ha raggiunto un accordo per 325 milioni di euro di tagli alle spese, e secondo lui lunedì a Bruxelles i ministri dell'Eurogruppo dovrebbero essere in grado dare il via libera al piano di salvataggio, con l'annuncio dello swap sul debito. Ma un'ennesimo rinvio sui 130 miliardi di euro di aiuti, assolutamente non da escludere, rafforza la posizione di chi, come Germania, Olanda e Finlandia, vorrebbe tenere la linea dura con Atene. Il timore principale dell'Eurozona è che, dopo le elezioni, cambio di governo e incertezza istituzionale rimettano in discussione gli impegni di rigore presi con Ue-Bce-Fmi. Per questo, secondo quanto si apprende, l'Eurogruppo telefonico ha preso in considerazione l'ipotesi di un rinvio ad aprile dei prestiti del secondo pacchetto salva-Grecia. Del resto, i ministri avevano sul tavolo tutti gli elementi per poter prendere la decisione: avevano chiesto 325 milioni di risparmi supplementari, le lettere d'impegni dei partiti sull'applicazione del piano di rigore e l'accordo con i creditori privati sulle perdite che accetteranno dopo lo «swap» o sostituzione dei bond greci. Tutte e tre le condizioni erano soddisfatte, ma alla zona Euro non è bastato. «I greci andranno al voto e bisogna assicurarsi che anche dopo queste elezioni il programma venga applicato», hanno spiegato ieri dal ministero delle Finanze tedesco. E un modo per avere garanzie da tutti i partiti greci è tenerli appesi alla promessa degli aiuti. Tecnicamente, si potrebbe fare dividendo il pacchetto salva-Grecia in due parti: far partire subito lo «swap» dei titoli greci in mano ai privati, che hanno accettato di perdere il 70% sul valore nominale dei titoli, garantendo un taglio di 100 miliardi di debito. In questo modo, Ue-Fmi dovrebbero metterci solo 30 miliardi di euro promessi ai privati quando imposero loro le perdite. E la Ue sbloccherebbe i restanti 100 miliardi dopo le elezioni, usandoli come «leva» su Atene. Da parte sua la Grecia si sente sempre più appesa per il collo: ritiene di aver fatto i compiti e ieri, dopo che il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha proposto un Mario Monti anche per la Grecia, il presidente della Repubblica greca, Karolos Paoulias, è insorto contro i «rigoristi»: «Non posso accettare che il signor Schaeuble insulti il mio Paese. Chi è lui per insultare la Grecia?».

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