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Il salvagente americano di Monti

Mario Monti e Barack Obama

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Avanti adagio. Incassando la fiducia «interessata» degli Stati Uniti ma sperando che la situazione greca non precipiti e non ci trascini a fondo insieme a tutta la Ue. Mario Monti è tornato dal suo incontro con Barack Obama con la certezza che il governo americano è più che mai interessato alla stabilità europea e a quella dell'Italia e che farà di tutto per convincere i grandi investitori – quel gruppo ristretto che decide le sorti dei mercati internazionali – che il nostro è un Paese affidabile dal punto di vista finanziario. Anche perché una ulteriore crisi europea trascinerebbe a fondo anche Washington. Gli investitori però, per il momento, non ci hanno gratificato più di tanto, visto che proprio in concomitanza con il viaggio negli Stati Uniti lo spread è risalito a 370 punti. Monti ha comunque cercato di tranquillizzare l'opinione pubblica americana sul rischio del default greco e della conseguente drammatica crisi che si aprirebbe in Europa. Durante una tavola rotonda al quotidiano New York Times ha spiegato come il governo di Atene abbia compiuto uno «sforzo ammirevole» per raggiungere un accordo sul piano anti-crisi con Ue e Fmi, nel tentativo di evitare il fallimento. «Non credo che i greci usciranno dall'euro – ha proseguito – In quel caso ci sarebbe una risposta politica estremamente forte per evitare che tale fenomeno si estendesse oltre la Grecia». Quanto all'ipotesi che l'Italia esca dalla moneta unica, la ritiene pura «fiction» visto la distanza che, in questi mesi, si è creata fra la situazione di Roma e quella di Atene. Anche perché, nonostante le previsioni non rosee, i conti pubblici saranno in pareggio nel 2013 come promesso. Più positiva per Monti la situazione interna. Dai partiti della maggioranza sono arrivati commenti positivi al lavoro del governo e la promessa di un impegno a sostenere l'esecutivo fino alla scadenza del 2013. Per il Pdl è stato Frattini a dare ampie rassicurazioni al presidente del Consiglio: «Credo proprio che Monti abbia convinto gli Usa e nessuno ha interesse a interrompere un momento come questo che sembra di essere di svolta positiva». L'ex ministro degli Esteri, dopo essersi definito «uno dei più convinti sostenitori di questo governo», ha però rivendicato anche il lavoro fatto nei mesi scorsi da Silvio Berlusconi: «L'esecutivo va dove probabilmente saremmo dovuti andare noi. Azioni che erano nel programma del Pdl e che purtroppo per alcuni veti interni alla coalizione precedente non sono stati realizzati». Sostegno anche dal leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: «Dobbiamo andare avanti con forza. Vediamo i risultati di Monti che sono molto positivi. Finalmente l'Italia si è scrollata di dosso quella pessima immagine che aveva. I partiti devono assecondare con forza il governo».   Le critiche arrivano dal leader dell'Idv Antonio Di Pietro: «Finora abbiamo assistito solo ad un governo classista e doppiopesista che ha riempito di tasse quelli che erano già tartassati, ha rimesso l'Ici sulla prima casa, non ha mosso un dito per costringere le banche a restituire un po' di quel che hanno preso, riaprendo il credito per le piccole aziende in crisi. Soprattutto ha confermato tutte le schifezze che stava portando avanti il governo Berlusconi». Ma alla maggioranza che lo sostiene in Parlamento ieri Monti, prima di ripartire per l'Italia, in una conferenza stampa a New York, ha mandato un messaggio chiaro: «Sono più determinato che mai a proseguire l'azione sulle riforme». Anche su quella più complicata del lavoro: «Intendiamo portarla a termine, speriamo con il sostegno delle forze sociali, entro marzo» per rendere più «flessibile» il mercato.

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