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"Monti non tocchi la Rai ma pensi allo spread"

Maurizio Gasparri

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«Aspetti un attimo. Prendo le sentenze della Corte Costituzionale e le dico». Maurizio Gasparri si mette comodo e comincia a citare articoli, sentenze. Parla piano mentre solitamente è un fiume in piena. Scusi, ma perché tutte queste citazioni? «L'avessimo fatto noi... L'avesse detto il nostro governo che bisogna mettere mano alla Rai... Sarebbe successo il finimondo».   Perdoni, prima di riprendere con le sentenze un'altra domanda. Le pare normale che con tutti i problemi che ci sono stiamo qui a parlare della Rai? «Ecco, appunto. È quello che dico pure io. A quanto ha chiuso oggi lo spread? 520? 530 punti? E Monti che fa? Si mette a parlare di Rai. Ci sono le liberalizzazioni, la crisi dell'occupazione, le imprese che chiudono, il piano salva euro e non mi pare che la governarce di viale Mazzini sia il primo problema».   Dunque Monti non se ne deve occupare? «Procediamo con ordine. Allora, se si intende procedere con la privatizzazione della Rai c'è già scritto tutto nella legge Gasparri». Che cosa c'è scritto? «Con quel testo indicammo due percorsi possibili. Il primo era l'ingresso di privati nella holding. Chi compra non può andare oltre l'1% in modo da mantenere un azionariato diffuso da public company». La seconda... «La Rai, oltre una certa data peraltro già trascorsa, è nella facoltà di cedere rami d'azienda. Insomma, di vendere una rete o un canale». Ma secondo lei perché Monti allora ha annunciato un intervento? «Non lo so, non ho idea di che cosa abbia in testa. Ma se pensa di sfruttare il fatto che il consiglio di amministrazione scade a marzo sbaglia. Perché il governo in quel caso non deve fare nulla, è materia del Parlamento». Del Parlamento? «Esattamente. Quando varammo la legge Gasparri decidemmo di non prevedere nessuna forma di nomina. E secondo lei perché? Perché me ne ero dimenticato?». Non credo. Chi lo suggerì? «La sentenza della Consulta 225 del 1974. Che recita testualmente: "Gli organi direttivi dell'ente gestore non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l'obiettività". Dunque, è un potere del Parlamento. Concetto ribadito anche successivamente».   Quando? «Con sentenze e ordinanze del 1987, del 2008 e del 2009 quando si decise sul caso Petroni. Il governo ebbe torto nel voler rimuovere il consigliere del Tesoro senza passare per la Vigilanza Rai, quale espressione più adeguata del Parlamento». Ma perché cita le sentenze? «Perché spero le leggano quegli ignorantoni del Pd che ricordano le sentenze a loro piacimento». Non teme la sollevazione: toccano la Rai e i partiti si ribellano. «Ribalto la domanda. Pensa che il governo tecnico di Monti abbia qualche legittimità? O è meglio che a decidere sia il Parlamento, cioè il popolo?». Lei è più favorevole alla privatizzazione di qualche canale? «Se si vuole percorrere quella strada, gli strumenti già ci sono». Il ministro Passera, proprio in questi giorni, ha però escluso altre privatizzazioni visto che il mercato è così in affanno. «Non è una riflessione sbagliata. È giusto che lo Stato venda ma non deve fare i saldi». Forse neanche chi compra farebbe un grande affare. «In questo momento forse. Il calo della tv generalista tocca tutti. Il digitale terrestre e il satellite, varati quando il ministro era un certo Gasparri, hanno moltiplicato l'offerta e il pluralismo. E questo perché dicevano che il nostro governo favoriva una sola azienda...».

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