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Dei delitti e delle pene

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Tra i ministri di questo governo chi si è mosso con maggiore serenità e prudenza mista ad efficacia è stato il ministro della giustizia Paola Severino. L'ultimo consiglio dei ministri, infatti, ha approvato, su sua proposta, un provvedimento che avvia una gradualissima riduzione dell'affollamento carcerario che ha raggiunto punti di oscenità non degna della nostra tradizione giuridica e umanitaria. La responsabilità di questo stato di cose è in misura paritaria della politica e della magistratura. Da vent'anni, infatti, la politica è talmente fragile che basta un urlo di un talk-show o di uno dei grandi organi di informazione per farla intimidire annullandone ogni potenzialità. In economia come nella giustizia salvo, naturalmente, quando si tratta di provvedimenti ad personam o di registrare parentele fantastiche (vedi Ruby e Mubarak) o di tutelare interessi forti come sta dimostrando anche questo governo. Nel caso della giustizia, poi, alla fragilità della politica si è aggiunta in questi anni la irresponsabilità di una parte della magistratura inquirente e degli uffici dei giudici per le indagini preliminari che hanno, ormai, una predisposizione all'arresto preventivo sconosciuta in altri Paesi occidentali. La custodia cautelare, com'è noto, è possibile solo davanti a tre rischi: la fuga, la reiterazione del reato e i tentativi di depistare le indagini. Tre rischi che devono essere concreti e non solo nella mente degli inquirenti e quant'anche fossero concretamente presenti potrebbero essere eliminati rapidamente con una carcerazione preventiva di pochi giorni. In meno di una settimana, infatti, si può ritirare il passaporto, si possono applicare misure interdittive capaci di impedire la reiterazione dei reati, ad esempio, di tipo societario e attivare perquisizioni a tutta birra in grado di sequestrare tutto quanto possa avere valore probatorio. L'andazzo, invece, di alcuni ambienti della magistratura inquirente ha trasformato la carcerazione preventiva in una pena anticipata senza avere, cioè, alle spalle alcuna sentenza e spesso è stata trasformata in uno strumento di tortura e di estorsione di confessioni spesso interessate solo ad ottenere la libertà. Lo sa bene il ministro Severino che è un avvocato di grido, lo sanno i magistrati giudicanti e gli stessi pubblici ministeri. Spiace dirlo ma questo andazzo, perché di andazzo si tratta, non contrastato organicamente da una politica seria ci espelle dal novero dei paesi con civiltà giuridica avanzata. La testimonianza di ciò che diciamo sta nelle statistiche dello stesso ministero di grazia e giustizia che parlano di assoluzioni di poco meno del 50% dei detenuti in attesa di giudizio. E stiamo parlando del 15% circa della popolazione carceraria. Non siamo né folli né incoscienti e sappiamo bene che la carcerazione preventiva è necessaria nei casi sospetti di criminalità organizzata, di fatti di sangue e di altre concrete pericolosità sociali. Ma quando vediamo arresti che si prolungano per mesi e mesi nell'indifferenza dei magistrati, della politica e della stessa informazione, restiamo smarriti perché viene violata la carta dei diritti dell'uomo per decine di migliaia di persone ogni anno. Bene ha fatto il ministro Severino ad immaginare lo sconto degli ultimi mesi di pena legati a sentenze definitive nel proprio domicilio. A maggior ragione le custodie cautelari, in assenza cioè di una sentenza fosse anche di primo grado, dovrebbero essere, con le dovute eccezioni, scontate nella propria abitazione e per il solo tempo necessario a fugare i tre rischi di cui parlavamo all'inizio. Negli ultimi 20 anni l'Italia è stata attraversata da uno tsunami di violenza verbale e comportamentale e da tangentopoli in poi spesso ha cessato di essere uno Stato di diritto. È auspicabile che un governo cosiddetto tecnico trovi quel coraggio e quella sapienza che è mancata alla politica per perseguire i reati difendendo, con la stessa forza e nello stesso tempo, i diritti e i doveri dei cittadini e che gli stessi magistrati capiscano che il valore costituzionale della loro autonomia passa attraverso una grande responsabilità civile onde evitare che l'autonomia si trasformi in un arbitrio intollerabile.  

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