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Tutti con Monti: "Si vota nel 2013"

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Renato Schifani e Mario Monti

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La voglia, in qualche parlamentare, di andare a votare in primavera resta. Ma al momento la tentazione è stata archiviata come malsana fantasia da parte di tutti i leader dei partiti che fanno parte della maggioranza. La crisi che morde l'Italia non è affatto battuta, anzi continuerà ancora a far sentire i suoi effetti. Almeno per tutto il 2012. E andare a votare a marzo – è il ragionamento – esporrebbe l'Italia a un assalto dei mercati e a una perdita di credibilità a livello mondiale. Ecco perché dai vertici del Popolo della Libertà – dove si annida il maggior numero di insoddisfatti di Mario Monti – e del Terzo Polo è arrivato un «no» deciso all'ipotesi di andare a elezioni anticipate. Berlusconi, inoltre, non ha fretta di accelerare, sa che un voto a breve porterebbe il centrodestra probabilmente a una sconfitta e in più deve trovare un modo per ricucire con la Lega. Anche Fli, Udc e Rutelli hanno bisogno di tempo per dar forma a una coalizione che è ancora solo una sigla e il Pd non può affossare un governo di cui è stato ispiratore Giorgio Napolitano. In più in questo momento nessuno ha l'interesse a governare il Paese in una fase così complicata. Per questo ieri la parola d'ordine è stata di andare avanti fino al 2013. Il segretario del Pdl Angelino Alfano lo ha spiegato alla platea del partito che a Reggio Emilia ha eletto il nuovo coordinatore provinciale: «Se si andasse al voto domani, faremmo le elezioni in un tempo di crisi talmente grave per cui è meglio sostenere questo Governo che andare alle elezioni subito». E da Roma gli ha fatto eco il presidente del Senato Renato Schifani che ha assistito al concerto di Natale a palazzo Madama con il premier e con il presidente della Repubblica: «Andare al voto in tempi brevi sarebbe un non senso e non avrebbe una giustificazione politica dato il quadro drammatico della situazione economica». « È da poco tempo – ha concluso – che le forze politiche si sono assunte la responsabilità di fare sistema sostenendo un governo tecnico». E proprio in Senato prende corpo il fronte del «no» a elezioni anticipate: nelle salette di palazzo Madama, finito il concerto, si fermano a parlare Napolitano, Schifani, Fini, Monti e l'ex sottosegretario Gianni Letta. L'unico nel Pdl a non offrire un appoggio incondizionato all'esecutivo è Ignazio La Russa che in una intervista a «La Stampa» ha ribadito che «la vita di questo governo terminerà un minuto dopo la fine dell'emergenza». Per l'ex ministro della Difesa, Monti «ci deve convincere mantenendo il profilo di governo tecnico cui affidiamo dei provvedimenti perché li può svolgere meglio di qualunque governo che deve guardare al consenso. Un obiettivo che Monti non deve avere». Ma La Russa ha messo in guardia anche dal rischio che dall'esperienza dell'esecutivo tecnico possa nascere una Grande coalizione per le urne: sarebbe una «marmellata», una sorta di consociativismo che «potrebbe apparire utile ma che farebbe tornare l'Italia ai momenti più bui della prima Repubblica». Schierati senza se e senza ma per una prosecuzione del governo Monti fino al 2013 i leader del Terzo Polo. Pier Ferdinando Casini confessa di essere sicuro che «nessuno avrà il coraggio di mandare a casa Monti, perché significherebbe tagliare il ramo su cui si è seduti, facendo cadere se stessi e il Paese». Anche il leader dell'Api Francesco Rutelli è convinto che non ci saranno elezioni anticipate: «Dobbiamo consolidare questo governo – commenta – lo sosterremo e credo che lo stesso faranno, anche se con meno convinzione, Pdl e Pd». E anche Gianfranco Fini bolla come irresponsabili quelli che pensano «che tra qualche settimana si possa procedere allo scioglimento Camere per tornare alle urne». «Chi si prende la responsabilità di portare il Paese alle elezioni facendogli pagare un prezzo altissimo – è l'avvertimento – finisce immediatamente sul banco degli imputati per irresponsabilità congenita».

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