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Gli italiani comuni e quelli non comuni

Il presidente della Camera Gianfranco Fini con il presidente del Senato Renato Schifani

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Mentre per gli italiani "comuni" di ogni ceto e livello i sacrifici viaggiano col turbo, anzi sono spesso retroattivi, per la politica e dintorni assomigliano sempre più a una miseranda tela di Penelope: promesse e roboanti rassicurazioni di giorno, furbizie e disfacimenti di notte. Per esempio: la Marina Sereni vicepresidente del Pd, che abbiamo visto ieri al Tg1 dichiarare senza indugi che la paga dei parlamentari italiani va ridotta è la stessa Marina Sereni che, sempre ieri, dichiarava al Corriere della Sera «Io faccio la spesa alla Coop»? Complimenti onorevole: noi invece la facciamo da Tiffany. Ancora: «Negli altri paesi i parlamentari hanno l'appartamento, la segreteria, tutto pagato. Qui invece dobbiamo monetizzare per far fronte alle varie spese, ma se ci dessero al posto dei soldi dei servizi in più, sarebbe tutto molto più trasparente e facile da spiegare». Complimenti doppi: trasporti gratis su ogni mezzo, niente pedaggio sulle autostrade, 3.995 euro a trimestre per i viaggi, 3.099 annui di posta e telefoni, il vitalizio, seppure nella forma contributiva cui è stato appena ridotto (ma salvi i diritti acquisiti), i ristoranti interni di Camera e Senato il cui menù solo recentemente si è schiodato dai livelli Caritas, iPad, parrucchiere e fitness, oltre ovviamente ai famigerati portaborse spesso a lavoro nero, configurano in effetti una situazione di vera indigenza. Tale, appunto, da costringere a "monetizzare".Senza contare l'indennità aggiuntiva di 5 mila euro mensili, più alloggio di servizio da favola con domestici per gli 8 vicepresidenti e i sei questori di Camera e Senato; i 3.136 euro di extra per i 24 segretari d'aula ed i 64 presidenti di altrettante commissioni. E per tutti l'auto blu. Naturalmente l'ottima Marina Sereni non è sola in questa crociata. Gianfranco Fini, presidente di Montecitorio, è stato il primo a ribellarsi all'«ingerenza del governo nell'autonomia del Parlamento», nonché a una norma «scritta male». Gli dà man forte il pidiellino Massimo Corsaro: «Abbiamo detto chiaro che se la norma restasse com'è noi potremmo altamente disattendere l'obbligo di tagliare le indennità». Proprio così: altamente. L'oggetto della ribellione è un passaggio del decreto firmato già nel luglio scorso da Giulio Tremonti che istituiva una commissione presieduta dal numero uno dell'Istat con un compito di estrema difficoltà: calcolare entro il 31 dicembre 2011 la media delle retribuzioni dei parlamentari dei principali paesi dell'Unione europea (Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Olanda e naturalmente Italia) e adeguarvi dal primo gennaio prossimo le paghe degli onorevoli italiani. Notare già la gabola: l'Italia, notoriamente al top degli stipendi, fa media con gli altri. Ma poiché la commissione ha pensato bene di tirarla per le lunghe, inviando missive agli uffici statistici dei paesi partner come se tutti i dati economici comunitari non siano quotidianamente disponibili in tempo reale, il decreto Monti vi ha aggiunto una clausola di salvaguardia: se Giovannini ed i suoi non chiudono fra 20 giorni, allora il livellamento retributivo scatta in automatico. Eccolo l'attentato di leso Parlamento e la norma scritta male. Bisogna dar tempo di lavorare, che diamine. Almeno fino alla prossima Pasqua. Intanto vadano avanti i pensionati. Peccato appunto che quelle cifre siano stranote: a parte Eurostat, l'organismo ufficiale della Ue, l'ufficio studi del Senato e immediatamente dopo quello della Camera le hanno messe a disposizione delle rispettive presidenze. Si conferma intanto che l'indennità base dei parlamentari italiani, con 140.444 euro lordi annui è la più alta della Ue. I tedeschi percepiscono 91.764 euro, gli olandesi 87.739, i francesi 85.202, gli inglesi 76.913, gli spagnoli 43.771. Sommando e dividendo ne risulta una media di 105.166 euro lordi. Un "sacrificio" di poco più di 35 mila euro che i nostri non vogliono accettare. Quanto ai "servizi" di cui parla l'onorevole Sereni (che per inciso magari gode del vitalizio come ex consigliere e assessore regionale dell'Umbria; si accettano delucidazioni) si potrebbe forse fare come in Germania o negli Usa: assegnare per assistenti funzionari del Bundestag tedesco o del Congresso. La ribellione ovviamente contagia le altre cariche elettive per le quali era prevista la perequazione (il sindaco di Roma prende mille euro più di quello di Parigi), per non parlare della sempre promessa e mai attuata abolizione delle province. In attesa della sospirata legge costituzionale Mario Monti ha cercato intanto di eliminarne le funzioni, tagliando le giunte e riducendo a 10 i consiglieri. Al tempo stesso ha previsto che tutte le cariche elettive non contemplate dalla Costituzione siano gratuite, a cominciare dalle circoscrizioni o municipi dei grandi comuni. Qui il paletto è stato piantato dall'Ufficio studi della Camera: «Si può agire, sì, ma solo al rinnovo degli enti». Nel frattempo si è creato il solito fronte bipartisan, nel quale si è purtroppo distinto il romano Nicola Zingaretti: «La soppressione è anticostituzionale e serve solo a distogliere l'attenzione dai problemi veri». E siccome non possiamo farci mancare nulla, ecco la mini-rivolta che lontano dai riflettori si combatte al Cnel, l'essenziale Consiglio nazionale economia e lavoro con sede extralarge a Villa Lubin, tra i pini di Villa Borghese. I consiglieri sono 121, cioè ventuno più del Senato americano. Il governo precedente li aveva ridotti a 70. I primi a ribellarsi sono stati i sindacalisti. Susanna Camusso (Cgil): «Un palese atto di ritorsione». Raffaele Bonanni (Cisl): «Azione punitiva e di livore verso le parti sociali». Quindi si sono unite la Confindustria e le altre organizzazioni imprenditoriali, anch'esse rappresentate nel maxiconsiglio: richiesta a Mario Monti di un «provvedimento urgente» per bloccare i tagli, ed impegno del Cnel a riformarsi da solo. Certo, sarebbe forse la prima riforma proposta dall'ente in 54 anni di vita. Ma con la stessa logica – che è poi la stessa dei parlamentari: "per me decido io" - perché non chiedere che i pensionati stabiliscano da soli come autoindicizzarsi le pensioni, o i proprietari di case di quanto aumentarsi l'Ici? Dobbiamo confessare che per lungo tempo abbiamo un po' diffidato delle campagne anti-casta, convinti come siamo che la politica sia necessaria. Ma adesso i politici si illudono che quella del governo Monti sia per loro una sorta di vacanza dorata di un anno mezzo: i cittadini tirano la cinghia e affrontano la furia degli spread, loro intanto si dilettano con nuovi scenari pregustando un radioso futuro. Avanti di questo passo e finiranno tutti sepolti dall'indignazione popolare. Il '94 non è poi così lontano.

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