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Tosi in viaggio verso il terzo polo

Da sinistra il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, il presidente della Camera Gianfranco Fini e il leader dell'Api Francesco Rutelli

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Il terzo polo punta ai leghisti. A quelli delusi dal Senatùr. Delusi da una Lega che in vent'anni non è riuscita a trasformarsi da partito di lotta in partito di governo. Non è un caso che la convention organizzata a Verona da Udc, Fli, Api e Mpa abbia applaudito il sindaco Flavio Tosi, in rotta di collisione da tempo con Umberto Bossi. E se alle prossime comunali la coalizione che sosterrà il primo cittadino includesse anche il terzo polo? Non sarebbe clamoroso, visto che l'avvicinamento tra lo schieramento centrista e Tosi è evidente. Il sindaco ha deciso di parlare all'assemblea nonostante le polemiche sollevate dai vertici della Lega. Il successo è stato evidente (in sala c'erano oltre 3 mila persone), nonostante il colpo d'occhio di vedere Tosi salire sul palco subito dopo l'ex governatore della Calabria Agazio Loiero, numero due del Mpa. Il tema politico è rilevante. Il terzo polo ha ottenuto con anticipo il risultato tanto agognato, la caduta di Berlusconi e un esecutivo tecnico. Ora punta a lasciare il ruolo di «ago della bilancia» a cui sembrava destinato per costruire una vera e propria alleanza che possa proporsi al governo nel 2013. La strategia di allargare i consensi agli scontenti della Lega e del Pdl è a questo punto scontata. Ma non è tutto. Udc, Fli, Api e Mpa ribadiscono il loro sostegno incondizionato al premier Monti. Anche se continuano a pensare alla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia per il futuro. Per il resto ecco la missione fino al 2013: dialogo a 360 gradi con l'obiettivo di formare nuove e più ampie alleanze basate sul programma più che sulla contrapposizione con gli avversari. Casini è chiaro: «Dobbiamo essere soddisfatti solo quando guideremo questo Paese, tecnici e politici assieme, al termine di questa legislatura». Il leader dell'Udc rivendica di essere «tra coloro che hanno chiesto il cambiamento e sono riusciti a realizzarlo» e spiega che fino ad oggi le forze politiche erano «imprigionate in schematismi del passato che non rappresentano più niente: nulla sarà più come prima, perché dal grado di solidarietà e di coesione per far passare in Parlamento scelte impopolari nasceranno le future alleanze politiche».   Fini va sulla stessa scia: pur senza rinnegare la propria storia, bisogna superare delle «etichette, che non sono come una coperta di Linus che serve per ripararsi da qualsiasi cosa». «Se vogliamo uscire dalla travagliata storia che abbiamo alle spalle - aggiunge il presidente della Camera - dobbiamo dire basta alle alleanze costruite solo per battere l'avversario». Proprio i prossimi 18 mesi, durante i quali il nuovo governo «avrà una montagna da scalare, ma ha anche le idee chiare», saranno «la cartina di tornasole di questo livello di responsabilità». Su Monti nessuna indecisione: «Va bene senza se e senza ma» dice Casini. Per questo il compito del terzo polo sarà quello di «essere capace di elaborare sintesi, avanzare progetti e candidarsi alla guida del Paese non come atto di presunzione, ma come raccolta di energie autentiche, moderate ma convinte della necessità di cambiare». Ancora: «Moderati non può significare restare immobili». Deciso il ponte verso i leghisti. «Quando Tosi va alle trasmissioni televisive dice delle cose ragionevoli», ha detto Casini prima di salire sul palco, spiegando che i terzopolisti sono comunque «interessati a dialogare con la Lega» e ad avere un «rapporto costruttivo». Dal canto suo, il numero uno di Api, Francesco Rutelli, ha lodato l'ex ministro dell'Interno Maroni per la lotta alla mafia. Poi ha detto: «Apprezzo la presenza di Flavio Tosi. A lui va la nostra attenzione, un'attenzione critica ma di rispetto sincero». Aperture anche sul federalismo e verso quella parte della Lega che «ha capito che a forza di slogan stiamo affossando il Paese - ha ripreso Fini - O l'Italia si salva tutta assieme o affonda tutta insieme». E «questo governo non è uno dei tanti, ma l'ultimo che ci può salvare: se fallisce non fallisce Monti, fallisce l'Italia».

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