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Il Cav si ferma a quota 308

Berlusconi controlla il tabulato dei voti

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Fa sempre un certo effetto vedere Marco Pannella, chioma bianca e folta raccolta nell'ormai immancabile codino dirigersi a passo svelto verso la buvette di Montecitorio. Proprio lui, il leader radicale passato alla storia per i suoi digiuni. Ma soprattutto, cosa ci fa Pannella alla Camera? È reduce da un lungo faccia a faccia con Pier Luigi Bersani. Dopo le tensioni degli ultimi mesi è pace fatta. Ora il rapporto e il dialogo devono diventare «più stretti». Almeno così spiegano i due. Anche se Marco ammette di non sapere come voteranno i suoi compagni sul Rendiconto generale dello Stato («non ho parlato con loro»). In fondo senza un po' di suspance non sarebbero i Radicali. Ma stavolta la pattuglia di sei deputati è fedele alla linea delle opposizioni: non voterà. Anzi, pare che siano stati proprio loro a convincere i Democratici, per evitare sorprese, a scegliere di evitare un voto contrario. E c'è chi già vocifera di un patto in vista delle prossime elezioni che garantisca posti sicuri in lista. Dopotutto è giornata di trattative. Si cercano malpancisti pronti a cambiare casacca, ad assentarsi strategicamente, magari ad astenersi. La contabilità del Transatlantico, prima che inizi la seduta, dice quota 311 per il governo. Ma potrebbero esserci sorprese dell'ultimo minuto. In un corridoio laterale Denis Verdini colloquia con l'inseparabile coppia Sandro Bondi e Manuela Repetti, facce serie. L'impressione è che stavolta all'uomo dei numeri del Pdl non sia riuscito il miracolo. E infatti, entrato in Aula, Verdini si accomoda al suo scranno quasi sconsolato. Stavolta, a differenza del 14 ottobre, non ci sono indecisi da chiamare, liste di assenti da controllare, tutto sembra già scritto. Come il fatto che Giulio Tremonti, arrivato in tutta fretta da Bruxelles dove si trovata per il vertice Ecofin, non riesca a trovare un posto libero al fianco della sedia ancora vuota del premier. Quando incomincia la seduta Roberto Maroni si sistema a sinistra, Umberto Bossi a destra e, al suo fianco, Roberto Calderoli. Giulio insiste un po', poi si accomoda in mezzo ai sottosegretari, sedia davanti a quella di Silvio Berlusconi. Da tempo il ministro non rientra nelle grazie del premier e comunque la Lega vuole dimostrare, anche plasticamente, la propria fedeltà al Cavaliere. Si inizia con le dichiarazioni di voto, anche se non ce ne sarebbe bisogno. L'attenzione di tutti è fissa al pallottoliere. I deputati entrano in Aula alla spicciolata. L'ex capo ufficio stampa del Pdl Luca D'Alessandro, subentrato a Pietro Franzoso, è alla sua prima seduta da onorevole e si aggira un po' smarrito tra i banchi alla ricerca del suo posto. Tutti lo fermano e si complimentano con baci e strette di mano. I banchi si riempiono lentamente e qualcuno prova a tenere la contabilità degli assenti. Giorgio Stracquadanio, uno dei malpancisti che Berlusconi ha recuperato negli ultimi giorni, è reduce da un vertice a Palazzo Grazioli con successiva fuga dai giornalisti e ricovero in una camionetta dei carabinieri. Entra quasi alla fine sfoggiando orgoglioso sul bavero della giacca una spilletta di Forza Italia. Dario Franceschini gira come una trottola. Parla con il capogruppo dell'Idv Massimo Donadi, poi con quello di Fli Benedetto Della Vedova. Quando è il momento di prendere la parola in Aula al suo posto, vicino a Bersani, è seduto Antonio Di Pietro. Il numero uno del gruppo democratico arriva trafelato e si scusa con la presidenza. Ad un certo punto, in basso a destra dell'emiciclo, si forma un capannello. Ci sono il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa e diversi deputati centristi. Il loro è quasi un cordone protettivo al centro del quale sbucano Gabriella Carlucci, Alessio Bonciani e Ida d'Ippolito. Sono i tre ex Pdl passati in questi ultimi giorni nel partito di Pier Ferdinando Casini. Forse si temono fischi e contestazioni da parte dei banchi della maggioranza. I tre vengono "scortati" al loro posto e quasi nessuno se ne accorge. Passando vicino al banco del governo Carlucci accenna un timido saluto al ministro degli Affari Regionali Raffaele Fitto che risponde senza eccessivo entusiasmo. Finite le dichiarazioni di voto Gianfranco Fini si alza in piedi. Un mazzo di rose rosse viene deposto su uno degli scranni del Pdl. Si ricorda Franzoso, deputato pugliese morto lo scorso 4 novembre. Era ricoverato in ospedale da settembre dopo un tragico incidente. Un minuto di silenzio, un lungo applauso, poi interviene Fabrizio Cicchitto con voce rotta dal pianto. «Tutto mi sarei immaginato - dice interrompendosi più volte -, tranne che dovessi io ricordare in quest'Aula la figura di Pietro Franzoso». Poi è la volta degli altri gruppi. Numerosi gli applausi. Arriva Berlusconi. Per qualche minuto il volto umano della "casta" emerge con tutta la sua potenza. Ma la commozione lascia presto spazio al momento più atteso. Quello del voto. I parlamentari di opposizione estraggono la propria scheda e la mostrano orgogliosi. Sul tabellone si illuminano solo le luci verdi della maggioranza. Ne spunta una bianca. Un astenuto. Tutti si girano verso l'ultimo banco. Il "colpevole" è Franco Stradella, piemontese, già deputato nelle ultime tre legislature. Qualcuno lo bolla come "scajoliano", altri come "vittima" del pressing dell'Udc. Lui allarga le braccia quasi a dire sconsolato: «Non potevo fare altrimenti». Si chiude la votazione. Fini legge il risultato: 309 presenti, 308 sì, un astenuto. Arriva correndo Gennaro Malgieri. Non riesce a votare. Più tardi chiederà scusa per essersi assentato e spiegherà che si trovava al bagno, scatenando ironie su un suo ipotetico attacco di diarrea. Ma ormai il rendiconto è approvato e la maggioranza non c'è più. Berlusconi resta seduto. Il suo volto è una maschera. Bersani interviene e gli chiede di dimettersi. Lui prende appunti su un foglietto. Poi la seduta si chiude. La Camera tornerà a riunirsi stamattina alle 11. Il Cavaliere viene circondato da deputati e ministri. C'è chi prova a consolarlo, ma a lui interessa una sola cosa. Prende in mano il riassunto della votazione. Lo sfoglia, scorre nome per nome, ne sottolinea alcuni. Sono i "traditori". Verdini assicura che, conteggiando i malati, gli assenti e qualche nuovo arrivo si può tornare a quota 319. Ma forse non serve più. In Transatlantico i deputati del centrosinistra ridono e festeggiano. Un po' meno i vertici che ora devono decidere la strategia per far sì che il passo falso in Aula si trasformi nella fine definitiva dell'era berlusconiana. L'Idv Franco Barbato prende in giro l'ex collega di partito Antonio Razzi che è passato tra i "responsabili": «Hai sbagliato investimento». I deputati di maggioranza si guardano un po' smarriti. «E ora che facciamo?» si domandano. Sono da poco passate le 16, le commissioni si sono già riunite, l'Aula tornerà a farlo domattina. Sui cellulari arriva il messaggio di ordinanza: «Seduta alle 11. Votazioni importantissime è necessaria la presenza». Non si sa ancora che il Cavaliere salirà al Colle. Non si sa ancora che accetterà di dimettersi dopo l'approvazione della legge di stabilità. Ma la vita parlamentare mantiene ancora i suoi riti.

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