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Il Cav: "Ho i numeri" Ma la Carlucci lascia il Pdl per l'Udc

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Dice quello che deve dire, Silvio Berlusconi. E cioè che il governo "ha i numeri" per andare avanti, che dopo di lui può esserci solo il "diluvio" delle urne e che le misure anti-crisi che il Parlamento voterà nei prossimi giorni dovrebbero avere anche il consenso dell'opposizione perché "non sono nell'interesse di una parte, ma del Paese". E non è un caso se, diversamente dalle sue abitudini, sceglie di non andare a braccio ma, per ampi passaggi, di leggere da un testo scritto. E' raro che accada, soprattutto se si tratta di una telefonata ad una convention politica, come quella organizzata a Roma da Silvano Moffa. Ma quello che Silvio Berlusconi deve dire è il frutto anche della 'strategia di resistenza' messa a punto con i vertici del Pdl dopo che il premier ha deciso di sfidare la sorte sui numeri della maggioranza, e rimuovere dal suo cervello quell'idea di passo indietro che pure i suoi stessi fedelissimi gli avevano instillato. Per questo, non solo dice che "nonostante le defezioni" la "maggioranza c'è", ma aggiunge di aver "verificato in queste ore" numeri "certi". Il premier vuole che sia chiaro anche all'esterno che il suo pressing su dissidenti (scoperti o coperti) sta andando avanti a tappeto e che sta portando i suoi frutti. Se sia vero o meno, si saprà probabilmente soltanto martedì quando il governo sarà chiamato alla prima prova del voto sul Rendiconto dello Stato. Quel che è certo è che la maggioranza perde un altro pezzo, con Gabriella Carlucci che decide di traslocare all'Udc. Ma per il Berlusconi style, portarsi sfiga porta sfiga. E soprattutto il Cavaliere è convinto che certe affermazioni possano fare centro sulle intenzioni dei fondisti meno combattivi. Per il resto, oltre alle telefonate in cui si è buttato anima e corpo in questi giorni, facendo leva anche su amicizia e mozioni degli affetti, il Cavaliere (che ha insolitamente deciso di trascorrere la domenica a Roma) nelle prossime 48 ore si dedicherà anche a incontrare de visu i malpancisti. Mentre continua il pressing sui Radicali. D'altra parte a Verdini, Alfano e Letta che nel teso vertice di venerdì sera gli avevano detto più o meno che la maggioranza non c'era più, Berlusconi ha chiesto il tempo di mettere in campo il suo charme per far spostare l'ago della bilancia. I beninformati sulla trattativa assicurano che, almeno per quanto riguarda il Rendiconto, sarebbero stati 'recuperati' i voti di due dei sei firmatari della lettera dell'Hassler: Stracquadanio e Bertolini. I quali, però, si tengono le mani ancora libere su una eventuale fiducia al maxiemendamento sul ddl di Stabilità. Ma ciò che il governo potrebbe trovarsi ad affrontare è piuttosto la 'strategia della astensione'. Sarebbero orientati a questo tipo di voto Destro, Gava, Antonione e pure Pittelli. Tra le forze di minoranza si cercherà una posizione comune, ma decidere di far accendere la lucina bianca significherebbe far sommare ai propri voti quelli dei dissidenti e tentare di certificare così che la maggioranza non ha più i numeri in Parlamento e allo stesso tempo consentire il via libera del Rendiconto. Non solo. Perché la votazione rappresenterebbe anche una sorta di test sulle vere intenzioni di alcuni dei dissidenti, magari ancora non venuti allo scoperto. Secondo alcuni esponenti che si stanno occupando delle trattative la zona grigia conterebbe una ventina di deputati. E torna a farsi avanti l'ipotesi di creare un gruppo autonomo alla Camera. Anche in base all'esito del voto sul Rendiconto, comunque, le opposizioni potrebbero decidere se presentare una mozione di sfiducia. Martedì si saprà se Berlusconi ha fatto bene i suoi calcoli o se non fossero fin troppo concrete le fosche previsioni dei vertici del Pdl. Che ancora non scartano l'ipotesi che il Cavaliere, preso atto della difficoltà di andare avanti appeso a un filo, non prometta di essere pronto a dimettersi dopo l'approvazione delle misure volute dall'Ue. Non è certo questo il piano A del premier che punta ad arrivare almeno a dicembre per chiudere la finestra del governo di transizione. Per ora non gli resta che provare a rassicurare i deputati in attesa di conquistare il diritto alla pensione garantendo che se lui resta in sella, la legislatura arriverà alla fine, e che se cade questo governo non ci sono tecnici o nazional-responsabili che tengano, ma solo le urne.  

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