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Berlusconi: al voto nel 2013 e con un nome nuovo

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Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Non lo vedevano così "tonico" da tempo, i deputati del Pdl, che oggi si sono ritrovati davanti un Silvio Berlusconi spumeggiante, ottimista, convinto di farcela ad arrivare al 2013 a dispetto delle grane Bankitalia e dl sviluppo ancora da risolvere e con buona pace di chi cospira a e ordisce trame di governi che lo vedano farsi da parte. "Abbiate, come la ho io, la stessa voglia di fare e di combattere forte e determinata di quando siamo scesi in campo. Andiamo avanti fino a dicembre. Da gennaio, quando le elezioni anticipate non saranno più un rischio, faremo le cose che vogliamo e ci presenteremo al Paese con straordinarie riforme e nel 2013 potremo vincere. Io ci credo ancora", sprona il premier mettendo anche in chiaro che non ha "mai pensato ad una lista personale "Forza Silvio" e che anzi uno dei suoi vanti è aver dato vita con il Pdl ad un partito dei moderati europei. Altro discorso è quello della necessità di cambiare il nome al Pdl. "Questo acronimo non comunica niente, non emoziona, non commuove. Chiediamoci se con largo anticipo rispetto alle elezioni del 2013 non sia il caso di cambiare nome", getta alle ortiche il Popolo delle Libertà. "Mai ci è passata per la testa l'idea di andare alle elezioni anticipate. È nostra assoluta convinzione che arriveremo al 2013 realizzando le riforme", chiarisce il premier, inserendo tra queste la legge elettorale con una importante indicazione: "Siamo disponibili ad approvare una modifica che renda inutile il referendum, con l'introduzione delle preferenze". Un occhio strizzato ai centristi, ai quali da più parti si chiede al premier di allargare la maggioranza. "Se l'Udc si unisse alla sinistra - argomenta Berlusconi - perderebbe i due terzi dell'elettorato, per questo dobbiamo insistere su questo punto e cercare nel Parlamento il confronto con i parlamentari dell'Udc. Se alle elezioni andassimo con l'Udc prevarremmo certamente. Ed è per questo che io non ho mai risposto alle dichiarazioni spiacevolissime che Casini e Cesa fanno sulla mia persona". Intanto "lunga vita a Beppe Grillo, che toglie voti alla sinistra". Solo un accenno alla delicata partita di Palazzo Koch (Sto provvedendo, ma devo essere riservato, risponde a chi chiede se il neo governatore sarà Lorenzo Bini Smaghi) e a quella ancora in alto mare sul decreto sviluppo (Non abbiamo fatto una cosa sola ma tante, a partire dalla sburocratizzazione), prima di chiudersi a Palazzo Chigi per un vertice con Tremonti, Bossi, Calderoli, Romani, Brunetta e gli immancabili Gianni Letta ed Angelino Alfano, non senza aver recriminato durante la riunione con i parlamentari sugli scarsi poteri del premier (Non è possibile che in uno Stato moderno il premier non possa dimissionare i ministri e che anzi questi possano ridere in faccia al presidente del Consiglio). Un breve accenno anche alla morte, di cui parla il mondo intero, del leader libico ed amico di un tempo Gheddafi (Sic transit gloria mundi, ora la guerra è finita), prima della consueta difesa d'ufficio sulla vita privata (A casa mia mai niente di meno che lecito, ma mi hanno accusato di tutto, a parte di essere gay...Mi hanno colpito giudiziariamente, fisicamente e patrimonialmente. Ma se i pm non mi hanno abbattuto, non mi abbattono più). Pronto ad un mea culpa sulla finora inefficace comunicazione delle cose buone fatte dal governo: (Anche io ho mancato nel comunicare), il premier promette di inviare depliant informativi a tutte le famiglie italiane e fornisce ai suoi deputati un vademecum di condotta in tv: "Nei dibattiti non date mai del tu agli avversari, usate il contraddittorio anche con il linguaggio del corpo, scuotendo la testa mentre loro parlano". E infine un impegno: "Alcune trasmissioni tv sono allucinanti, stiamo lavorando per cambiare il panorama televisivo".  

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