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Bossi, ma se Silvio va via chi li prende i voti nel Pdl?

Umberto Bossi, della Lega Nord

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«Può essere tutto, ma senza Berlusconi dove vanno? Chi piglia i voti, Scajola?». Il leader della Lega Umberto Bossi blinda il premier e tuona contro i cronisti: «L'avete trasformato in un criminale ma a una bella fetta di gente è ancora abbastanza simpatico. Prendere i voti è una cosa difficile». Dopo le polemiche dei giorni scorsi, il senatùr ha voluto proprio esserci al congresso provinciale di Varese: «Volevo sciogliere questo pasticcio in qualche modo». Il Carroccio non se la passa benissimo: il ritiro all'ultimo momento dei due altri candidati ha lasciato tensioni. «Si sentivano strumentalizzati», ha spiegato Bossi. Insomma, colpa dei giornalisti che «descrivono la Lega come divisa in correnti». Il numero uno della Lega parla di tutti i temi in agenda. Avverte: «Prima bisogna fare la legge elettorale, poi dobbiamo fare la riduzione del numero dei parlamentari, per la quale abbiamo già presentato la legge in Cdm». A chi gli chiedeva quale modello preferisse, il leader della Lega ha spiegato che se ci sarà una modifica sarà «come la vogliono gli alleati, perché per approvare la legge devi avere i numeri altrimenti non passa. Al ministro delle Riforme è stato dunque chiesto se auspichi un ritorno al Mattarellum. «Secondo me il vero problema è che la gente oggi vuole scegliere il candidato, quindi non sceglie più il partito ma le persone: questo è quello che emerge nel campo politico». Anche sul condono Bossi è chiaro: «Non vedo perché un condono, forse vogliono soldi per fare nuove leggi. Ieri sera ero a Pavia con Tremonti. Non so di più, lo vedo domani». Il senatùr rimanda al mittente un possibile allargamento della maggioranza: «Spero di no, per adesso i numeri li abbiamo». Infine la conferma della lealtà al Cavaliere: «Io sono amico di Tremonti però ho fatto l'accordo con Berlusconi che mi ha dato i voti per fare il federalismo». Bossi ha detto di trovarsi «a metà» tra i due politici «pensando che un partito farà anche i suoi conti ma se Berlusconi non mi dava i voti, il federalismo non passava. Con me - ha concluso - la parola va tenuta». Ora da Varese si guarda al congresso nazionale che, ha confermato ieri il leader del Carroccio, si farà presto, poi ha precisato: «Io faccio quello che mi dice il consiglio federale che è fatto dai veneti, dai lombardi e dai piemontesi. La faccenda è un po' più grande di come la fate voi». Ma le tensioni nella Lega restano. I delegati al congresso di Varese hanno tollerato il fatto che per eleggere il nuovo segretario provinciale non ci sia stata una votazione. In lizza era rimasto solo Maurilio Canton, il favorito del capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, appoggiato anche da Umberto Bossi, dopo il ritiro di Donato Castiglioni e Leonardo Tarantino. Anche Francesco Maria Speroni, capogruppo della Lega all'Europarlamento ha ammesso i malumori in platea: «Non è filato tutto liscio - ha detto - qualcuno avrebbe votato qualcun altro». Nel corso della mattinata prima ci sono stati gli interventi di alcuni delegati, poi si è votato il direttivo provinciale, infine è intervenuto Bossi per sostenere Canton. Il neo segretario di Varese però non è stato né votato né acclamato, ma è stato direttamente «proclamato» da Andrea Giorgetti che presiedeva l'assemblea. Le contestazioni ci sono state ma i big del Carroccio le hanno minimizzate: per Reguzzoni «la Lega è unita ed è unita con Bossi. Non ne farei un caso nazionale». L'opposizione critica. «La base leghista si è stancata della Lega poltrona, capace solo di genuflettersi ai desiderata di Berlusconi e di rimanere aggrappata a privilegi e stipendi - dice il portavoce dell'Idv Leoluca Orlando - Bossi non controlla più il suo popolo, che ha tradito, e quanto è successo a Varese ne è la conferma. Ma la sorpresa peggiore per il Carroccio arriverà dagli elettori, alle prossime elezioni, i quali manderanno a casa lui e il suo dito medio». Netto anche Nico Stumpo (Pd): «Il congresso a Varese ha mandato in frantumi quello che, un tempo, era definito il monolite leghista. La decisione di Bossi di procedere per acclamazione alla nomina di Canton sancisce la definitiva rottura tra Bossi e la sua base, esausta di servire gli interessi del miliardario di Arcore e dei ladroni della cricca, e richiama uno dei trucchi tipici di chi, come Bossi, ormai alla fine del suo impero, teme la democrazia e per questo si trova costretto a dribblare le istanze». «La Lega è nata a Varese e il 9 ottobre 2011 sarà una data da ricordare perché a Varese è stata sancita la fine del partito monolite» insiste il deputato del Pd Daniele Marantelli.

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