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"Dai pm vagoni di intercettazioni"

Il procuratore capo di Bari Antonio Laudati all'uscita dal palazzo dei Marescialli in piazza Indipendenza, Roma

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«Ci sono dei pm che fanno una vagonata di intercettazioni telefoniche, provvedimenti raffazzonati, divulgazione di atti, processi che non si sa se, come, quando...». L'affondo del procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, contenuto nel verbale dell'audizione davanti alla Prima Commissione del Csm il 22 settembre scorso, è sembrato in un primo momento diretto all'indirizzo della procura di Napoli, dalla cui inchiesta sulla presunta estorsione ai danni del premier Silvio Berlusconi è partita l'indagine della procura di Lecce sul suo ruolo nel presunto insabbiamento delle investigazioni sulle escort portate da Gianpi Tarantini a Palazzo Grazioli. Il quadro d'insieme che poteva emergere avrebbe allargato la violenta contesa tra toghe del Palazzo di Giustizia di Bari - Laudati e l'ex suo sostituto Giuseppe Scelsi - agli inquirenti napoletani. La risposta del procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, è stata tempestiva, una difesa ufficiale dei metodi di lavoro del suo ufficio: «Escludo categoricamente che Laudati si sia riferito ai pm di Napoli. Se si riferiva a noi, ha proprio sbagliato. La procura di Napoli lavora per perseguire i reati e i loro responsabili, non per creare gossip a vantaggio dei media». E in serata Laudati ha chiarito ogni equivoco: «Nel corso della mia audizione non ho mai fatto riferimento alla procura di Napoli. Ho solo risposto a domande che riguardavano l'inchiesta di Bari». La sua presa di posizione era rivolta nei confronti di Scelsi e della sua conduzione dell'inchiesta su Tarantini. Il procuratore del capoluogo pugliese è stato ascoltato a Palazzo dei Marescialli nell'ambito degli accertamenti che sta effettuando il Csm su un presunto rallentamento delle indagini sul filone riguardante Gianpi e le escort, scaturito dall'esposto presentato da Giuseppe Scelsi, fino al giugno scorso pm inquirente sulla vicenda. Laudati ha replicato punto su punto alle accuse che gli ha mosso il suo ex sostituto, smentendo di avere etichette politiche («Uomo di Alfano? Sono stato nominato da Prodi e non condivido la posizione del centrodestra sulla giustizia»), di essersi avvalso di una sorta di «una polizia parallela» e criticando duramente tempi e modi delle indagini su Gianpi, condotte a suo avviso in maniera grossolana. Sulla Sanitopoli il procuratore capo ha spiegato al Csm che sono stati commessi «gravi errori», soprattutto nella perquisizione del maggio 2009 effettuata a casa dell'imprenditore barese. Dopo questo provvedimento, infatti, i contatti tra Berlusconi e Tarantini si interruppero, bruciando di fatto la possibile «intercettazione del secolo», tra il premier e il faccendiere. L'ispezione della polizia giudiziaria avvenne nella dimora di Gianpi e nella sede della Tecno Hospital per acquisire i libri contabili dell'impresa. «Quella mattina Tarantini - aggiunge Laudati - ha fatto un sms e l'intercettazione è stata bruciata». L'autogol degli inquirenti è spiegato con un paradosso: «È come se avessi l'indagine sul narcotraffico più importante al mondo, sto per prendere 400 tonnellate di cocaina e vado a fare a casa del narcotrafficante intercettato una perquisizione, per acquisire il riscontro della contravvenzione stradale perché è passato con il semaforo rosso». Durissime anche le critiche alle misure cautelari adottate nei confronti di Gianpi: «Mi sembrano gli arresti domiciliari di Panariello», «la pubblicità della Wind con i domestici». Laudati è entrato nello specifico dell'ordinanza, «un provvedimento che non avevo mai letto prima in vita mia», e che prevedeva la «facoltà di frequentazione della casa, degli ospiti...perché lui era ospite in quella casa... dei domestici e dei sanitari perché lui era un cocainomane e poteva avere crisi di astinenza», e sottolineando come questa misura consentisse all'indagato libertà che avrebbero potuto avere ripercussioni negative nel prosieguo delle investigazioni. Il magistrato irpino durante l'audizione ha detto di ritenersi un «capro espiatorio», colpito da accuse «false e calunniose» avanzate da Giuseppe Scelsi e del colonnello della Guardia di Finanza Salvatore Paglino, in merito ad una riunione informale nella quale si sarebbe presentato come «uomo di Alfano». «Ritengo di essere stato vittima - ha puntualizzato - di un'operazione dietrologica. E se un giorno la procura di Lecce o chiunque dimostrerà che veramente la riunione è andata come dicono Scelsi o Paglino, per favore nel mio interesse mandatemi in manicomio perché evidentemente ho perso il senno». Infine Laudati ha precisato: «Ho cercato di raddrizzare una barca che affondava e di portarla gloriosamente in porto. Ho sacrificato me stesso per tutelare la qualità delle indagini e il nome della procura di Bari e sto pagando adesso questo. Se tornassi indietro, me ne andrei a fare il sostituto della procura antimafia per tutta la vita».

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