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Sono contrario ai redditi online

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La lotta all'evasione fiscale giustifica la profanazione delle vite private da parte dello Stato con mezzi e sistemi che non hanno riscontro in nessuna società autenticamente libera? Credevo che questa domanda non avrei mai dovuto pormela. Invece, dopo l'ingegnosa trovata del ministro Tremonti, è terribilmente d'attualità e nessuno, immagino, potrà sottrarsi nel dare una risposta. La disposizione che prevede la diffusione on-line delle dichiarazioni dei redditi di tutti i cittadini, corredata perfino dal numero di conto corrente bancario (ma questo almeno non dovrebbe essere divulgato), è la violazione più patente del diritto alla riservatezza fin qui tutelato da tutti i governi della Repubblica che si sono succeduti dal 1946. Se la norma verrà approvata nessuno potrà sentirsi al sicuro da eventuali incursioni nella propria esistenza: chiunque potrà scandagliare le pur lecite miserie e ricchezze di ciascuno, aggiungendovi - soprattutto nei piccoli centri - quel tanto di malevolenza, invidia ed illazioni che alimentano, da che mondo è mondo, eredità di rancori e risentimenti non di rado sfocianti in conflitti familiari e sociali.   Insomma, perché tutti devono essere messi al corrente di quelli che una volta erano fatti privatissimi che, per le ragioni più varie, non si riteneva di dover mettere in piazza? Lo Stato ha sempre salvaguardato ciò che i cittadini legittimamente non volevano che si sapesse sul loro conto al di fuori del confessionale e della dichiarazione dei redditi resa appunto alle autorità competenti. Capisco che il guardonismo globale autorizza anche, dopo l'intrusione nell'intimità con l'indecente e spregiudicato uso delle intercettazioni telefoniche, lo smantellamento delle paratie che proteggevano la cartella delle tasse ed il segreto bancario. Ma ritengo pure che debba esservi un limite a tutto. Ed il limite è stato abbondantemente superato.   Non so se Tremonti, o chi per lui, abbia immaginato gli effetti di una disposizione tanto barbara (e certamente inutile al fine del reperimento delle risorse che mancano alla manovra). Forse no. Se avesse spinto la sua fantasia appena un po' più in là della battuta con la quale ha congedato i giornalisti, non avrebbe faticato ad intravvedere trappole micidiali che la sua alzata d'ingegno legittima. Tra le altre, tutt'altro che improbabili, mi permetto di segnalare il pericolo che non pochi malintenzionati faranno correre a chi rende noti i propri alti redditi: possibilità di rapimenti al fine di conseguire riscatti, estorsioni, diffusione di notizie false e tendenziose su accumuli di patrimoni che spesso non appaiono per come ci si attenderebbe. Ed il tutto confezionato in maniera tale da mettere a repentaglio la vita e la reputazione di onesti risparmiatori sui quali, inevitabilmente, soprattutto nella provincia profonda, si appunteranno le occhiate non sempre benevole dei concittadini meno fortunati o che magari ritengono di essere stati tagliati fuori proprio dalle fortune che altri hanno messo insieme. Non ricordo precedenti in proposito. Neppure nella Ddr vigeva un sistema tanto brutale: lo Stato di Ulbricht e di Honecker era quello che spiava con più capillarità le vite degli altri, fino ad appropriarsene, ma non risulta che divulgasse le povere dichiarazioni dei redditi dei sudditi del sistema comunista, né quelle relativamente ricche dei gerarchi al soldo di Mosca. Da noi si fruga sotto le lenzuola e tra le cifre dei guadagni alla ricerca di colossali illeciti, tranne poi condonarli, come sempre è accaduto, mentre resta lo sputtanamento per ciò che riguarda gli esiti delle intercettazioni ai danni di povericristi che da perdere il più delle volte hanno soltanto la faccia. Non c'è che dire: viviamo nel migliore degli Stati liberali possibile. Godiamocelo tutto.  

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