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Il «sistema» di Giampi dalle protesi alle escort

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Laparabola di Gianpaolo Tarantini, aitante imprenditore di trentasei anni, è ormai un refrain imperdibile delle estati italiane. Dal 2009 ad oggi scompare e riappare ciclicamente dalle pagine dei giornali con i suoi Ray Ban dorati e il suo volto spavaldo. Rampollo della Bari bene, è cresciuto nel liceo femminile religioso "Margherita", ma ci ha messo poco a dimenticare l'imprimatur cattolico delle suore per diventare il deus ex machina di un metodo efficace di scalata sociale. «Sistema Tarantini» lo hanno ribattezzato gli inquirenti delle tante inchieste che lo riguardano, indagato per reati che vanno dalla corruzione, allo sfruttamento della prostituzione ed allo spaccio di droga (capo d'imputazione per il quale in primo grado è stato condannato a 26 mesi di reclusione). Spregiudicato trapezista abile nel districarsi nel labirinto di clientele e accomodamenti della sanità pugliese, Giampi, ereditata con il fratello Claudio l'azienda di famiglia dopo la morte del padre, ha subito mostrato destrezza nel mercato delle protesi ortopediche. E se non è mai stato un grande seduttore con le donne, con primari e dirigenti dell'universo sanitario aveva sempre le chiavi giuste per tessere la sua fitta rete di relazioni. Le sue aderenze politiche? Bipartisan, al punto che in un dialogo con l'editore Valter Lavitola, aveva buone ragioni per sentirsi sottostimato al punto da sbottare così: «Ricordati una cosa, che io a vent'anni stavo in barca con D'Alema (...). A trenta stavo a dormire a casa di Berlusconi». Le rivelazioni sul Corriere di Patrizia D'Addario - raccontò di essere stata invitata proprio da Giampi a Palazzo Grazioli - hanno segnato l'inizio della sua parabola discendente, tra arresti domiciliari in una traversa di Via Veneto, dismissione delle sue aziende, un modesto lavoro da impiegato in una agenzia interinale (integrato dalle donazioni di Silvio) e, da ieri mattina, la detenzione nel penitenziario napoletano. M. D. F.

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