Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

E all'improvviso la Giustizia diventa bipartisan

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

  • a
  • a
  • a

Si vota la manovra, e all'improvviso si sente profumo bipartisan. Per giunta, su un tema solitamente terreno di violenti scontri: la Giustizia. Di cosa si tratta? Di una «delega al governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari», presentata come emendamento alla manovra dall'esecutivo, con firma del ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma. La delega prevede la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari e dell'assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali, la soppressione o riduzione delle sezioni distaccate di tribunale. Nulla di straordinario, sembrerebbe. Ma solo in apparenza. Perché la vera sorpresa è rappresentata dal fatto che il provvedimento in materia di Giustizia sia il primo articolo della manovra che si appresta ad affrontare il voto parlamentare. Dopo settimane nel corso delle quali le opposizioni hanno detto di tutto e di più contro il governo, attribuendogli ogni nefandezza, questo emendamento passa liscio liscio, senza alcun intoppo. Di più: il Pd addirittura si astiene. Si può obiettare: ma l'astensione, al Senato, vale voto contrario. Vero, ma è altrettanto vero che l'astensione non è un «no». Potrebbe sembrare una disquisizione formale, in realtà è una questione profondamente sostanziale. Perché quegli stessi interventi, in particolare la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, erano contenuti anche in un emedamento presentato proprio dal Pd e fortemente caldeggiato dalla capogruppo Anna Finocchiaro. E non finisce qui. Perché una modifica molto simile era stata avanzata pure dall'Udc, anche in quel caso per espressa volontà del presidente dei senatori centristi, Gianpiero D'Alia. Possibile? Possibilissimo. Anzi, è accaduto. In genere, quando emendamenti pressocché uguali vengono presentati da gruppi diversi la ragione è da cercarsi nel lavoro di pressione di una lobby, una corporazione, un ordine professionale o una grande azienda che può “muovere” parlamentari. Ma in questo momento c'è un solo Palazzo in grado di mettere d'accordo maggioranza e opposizione, capace di suonare il gong e fare in modo che i pugili smettano di darsi cazzotti, per abbracciarsi come amici fraterni. E questo Palazzo è il Quirinale.

Dai blog