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Manovra in cantiere Più spazio ai liberali

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Silvio Berlusconi

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Ma perché chiamarli «malpancisti»? Sono soltanto parlamentari del Pdl, forse una ventina, a cui non è piaciuta la manovra del governo, sono una minoranza, ma sanno di raccogliere il malcontento di gran parte del mondo produttivo, per interventi che penalizzano chi le tasse le paga già. Una manovra che salva la casta e sembra aver subìto i diktat della Lega che, come ha spiegato Bossi con volgarità, ha impedito di mettere le mani sul sistema previdenziale. L'ex ministro Martino, il sottosegretario Crosetto, Giuseppe Moles, Giancarlo Mazzuca, Alessio Bonciani, Deborah Bergamini, Santo Versace, Isabella Bertolini, Lucio Malan, Giorgio Stracquadanio stanno predisponendo un progetto alternativo. Un piano liberale che sta avendo sempre più consensi e che mira a riformare la manovra con l'obiettivo di ridurre ulteriormente le spese e l'intervento dello Stato e soprattutto limitare anzi evitare nuove tasse. Di ipotesi ne sono state fatte diverse, ma punti cardine sono la previdenza con una riforma che porterebbe ad alzare l'età pensionabile verso livelli europei. Poi nel pubblico impiego andrebbero imposte misure per punire gli assenteisti facendo cadere il tabù dei licenziamenti. Altre risorse potrebbero venire dall'aumento di un punto dell'Iva, come chiede anche la Confindustria, salvaguardando l'aliquota del 4 per cento che avrebbe un forte impatto sociale. Ma la cura dimagrante riguarderebbe gli enti locali portando a un accorpamento dei comuni fino a 5 mila abitanti e l'abolizione delle province fino a 500 mila. Tra gli emendamenti ci saranno le richieste per maggiori privatizzazioni e un vero snellimento dello Stato. Nell'occhio del ciclone c'è il contributo di solidarietà che alla fine colpirebbe solo una parte della società. Un salasso ingiusto perché, basta leggere le parole dei capigruppo del Pdl nella lettera al Corriere, colpisce solo chi il proprio reddito lo denuncia, chi paga le tasse e non può evadere. I responsabili dei gruppi della maggioranza ammettono che perseguire «l'obiettivo empirico dell'equità significa anche misurarsi con i dati della realtà e tenerne conto». Nella sostanza ammettono che sarebbe illusorio far pagare ora chi non ha mai pagato. Già, ma perchè a rimetterci devono essere proprio coloro che invece il proprio dovere lo fanno già? È la domanda senza risposta che indigna, che fa apparire ingiusta e sbagliata la manovra, che spinge il Parlamento alla ricerca di soluzioni diverse. C'è chi lo fa per propagando politica e chi lo fa per far recuperare al Pdl la sua anima liberale, quella contraria ad aumentare il peso del fisco. Certo questo agita il Pdl, c'è chi si preoccupa di arrivare al confronto parlamentare in ordine sparso, chi teme, perchè difende la manovra, di apparire come il partito delle tasse. Ma queste voci di dissenso dovranno essere ascoltate perchè non sono di malpancisti, ma di chi, consapevole delle difficoltà del Paese, vuole portare un contributo equilibrato. Ne è consapevole Berlusconi che fin dai primi momenti ha detto che la manovra non è blindata. E ieri fonti ufficiose ribadiscono questa volontà. Il premier non giudicherebbe di rottura l'iniziativa di Martino e Crosetto che la prossima settimana presenteranno il pacchetto di proposte al segretario Alfano. Poi si aprirà il confronto con la speranza che le ipotesi di modifica siano un motivo per unire e non per dividere. E soprattutto per riportare alle impostazioni originarie il centrodestra: non aumentare, anzi ridurre le tasse e alleggerire il peso dello Stato. Poi la riforma delle pensioni, con l'innalzamento dell'età pensionabile, piaccia o meno a Bossi, comunque sarà all'ordine del giorno. Non possiamo allontanarci dall'Europa. Soprattutto non può essere il Pdl a passare oggi come il partito delle tasse. Sarebbe un regalo inaspettato e non meritato per Bersani e Di Pietro.  

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