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L'Aula salva Verdini e scarica Milanese

Marco Milanese

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L'Aula della Camera «salva» Denis Verdini, anche grazie ai voti dei radicali, e «scarica» l'ex braccio destro di Giulio Tremonti, Marco Milanese. Con 278 «no», 301 «sì» e 3 astenuti i deputati confermano la proposta della Giunta per le Autorizzazioni di dire «no» all'utilizzo delle intercettazioni del coordinatore del Pdl. Autorizzano invece l'uso dei tabulati telefonici (538 «sì», 28 «no») e l'apertura delle cassette di sicurezza (545 «sì» e 23 «no») per l'ex sottosegretario all'Economia che chiede che i magistrati acquisiscano altri tabulati. Entrambi gli interessati prendono la parola prima del voto e nel silenzio assoluto dell'Aula proclamano la propria innocenza. Tutti e due assicurano di essere state vittime della «macchina del fango» e di essere assolutamente favorevoli a che la Camera accolga le richieste avanzate dai Gip nei propri confronti. Perchè quello che vogliono, assicurano, è che la «verità» e dunque la loro «innocenza» venga accertata nel più breve tempo possibile. I deputati, però, recepiscono solo «l'appello» di Milanese le cui cassette di sicurezza verranno aperte domani in tarda mattinata. E la circostanza fa parlare il leader dell'Idv di «due pesi e due misure» e il finiano Nino Lo Presti di «gioco delle parti». «Io non ne faccio alcuno di gioco delle parti», è la replica di Verdini. Perché lui, afferma, vuole davvero che si faccia luce sulle accuse che lo riguardano. Anche se sorride soddisfatto quando la Camera dice «no» alla richiesta del Gip dell'Aquila. Il relatore del «caso Verdini», Enrico Costa, esulta per il risultato e punta il dito contro i magistrati abruzzesi che non avrebbero mai dovuto chiedere l'acquisizione degli «ascolti» per un'imputazione come quella contestata al coordinatore del Pdl di «tentativo di abuso di ufficio». Ai banchi del governo si nota l'assenza di Berlusconi, che invece votò sulla richiesta di arresto per Alfonso Papa, e dei ministri dell'Economia Giulio Tremonti, della Giustizia Francesco Nitto Palma, dell'Interno Roberto Maroni e delle Riforme Umberto Bossi. Ed è con la Lega che se la prende l'opposizione accusandola di «ripensamento». Lo scorso 12 luglio, infatti, il capogruppo Marco Reguzzoni assicurò che la linea del Carroccio sarebbe stata quella di dire sì ad ogni richiesta di intercettazione, perquisizione o acquisizione di tabulati. Insomma, a tutto ciò che sarebbe servito per la prosecuzione delle indagini. E poi votò per il «sì» all'arresto di Papa. Oggi, invece, su Verdini dice «no». «Non c'è stato alcun passo indietro - avverte il componente leghista della Giunta, Luca Paolini - anche perchè Verdini potrà comunque essere processato». Quindi aggiunge: la storia insegna che «non di rado si è colpito l'uomo, con accuse non ancora accertate, per colpire l'istituzione, l'idea o la fede religiosa».

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