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L'origine del debito in troppi sussidi e tagli d'imposte

Il presidente Barack Obama

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Mancano solo tre settimane al 2 agosto, il giorno del giudizio sul debito americano. Per quel giorno, se il Congresso non avrà aumentato il tetto del debito federale, vi è un elevato rischio che il paese più potente del mondo vada incontro ad una forma di default tecnico. Quanto è reale questa prospettiva, quali sono le probabili conseguenze? Quello che era nato come un confronto largamente simbolico, di «postura», tra Democratici e Repubblicani, rischia di trasformarsi in un dramma per un'economia mondiale che è tornata sotto profondo stress, come non si ricordava dall'estate del 2008, quando vi fu il collasso dapprima di Bear Stearns e subito dopo quello, catastrofico di Lehman Brothers. I Repubblicani esigono tagli d'imposta e tagli di spesa, mentre Democratici e Casa Bianca vorrebbero un mix tra aumenti di tasse e tagli di spesa. La posizione Repubblicana ha trovato il suo massimo ideologo di politica economica in Paul Ryan, presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Rappresentanti, che settimane addietro ha presentato un piano di risanamento fiscale decennale basato su feroci tagli all'assistenza sanitaria. Per il Medicare (l'assistenza sanitaria per gli ultrasessantacinquenni) Ryan prevede l'erogazione di un sistema di vouchers per l'acquisto di polizze sanitarie private, adeguati di anno in anno al solo costo della vita. Ma la spesa sanitaria in termini reali, negli Stati Uniti, è cresciuta ogni anno negli ultimi trent'anni di circa 2 punti percentuali più del Pil pro-capite. Analoghi tagli erano previsti per il Medicaid, la copertura per i poveri, che diverrebbe una erogazione in somma fissa agli stati, indicizzata alla sola inflazione ed alla crescita della popolazione, ma non per l'invecchiamento. Misure che, se approvate, causerebbero l'estinzione di ogni forma di copertura sanitaria pubblica in un paese che ha profondi squilibri e statistiche mediche molto problematiche. I Repubblicani accusano Obama di aver fatto esplodere il deficit, ma la realtà è che i conti pubblici federali sono stati mandati in rosso dapprima da stabilizzatori automatici quali i sussidi di disoccupazione ed in seguito dalla manovra con cui, a fine 2010, Casa Bianca e Repubblicani si sono accordati per un ulteriore pacchetto di stimoli basato su tagli d'imposte, personali ed aziendali, che in un biennio causerà ulteriori 900 miliardi di dollari di deficit, e mostra forti limiti in termini di capacità di stimolo perché i risparmi fiscali, nell'America stra-indebitata e disoccupata dei nostri giorni, tendono ad andare a rimborso del debito e solo in trascurabile parte in spesa. La verità è che non esiste un «socialismo obamiano», ma esiste un problema di debolezza della domanda, e poca o nessuna possibilità di rilanciare l'economia del paese esclusivamente con tagli d'imposte, che non hanno alcuna possibilità di ripagarsi. Lo storia mostra che nulla del genere è mai avvenuto, neppure nella presunta «Età dell'Oro» di Ronald Reagan, che peraltro si trovò più volte ad alzare le tasse, nel corso dei suoi otto anni alla Casa Bianca. La natura maligna di questa crisi, che è una crisi finanziaria da eccesso di debito e non una normale recessione, implica che ogni taglio di spesa pubblica si trasformi in distruzione della domanda ed aumenti il rischio di ricaduta in recessione, in un momento in cui la Fed appare aver esaurito le proprie munizioni monetarie, ed i tassi sostanzialmente a zero pongono sulle spalle della politica fiscale tutto il peso dell'aggiustamento di bilancio pubblico. Un default americano, il 2 agosto, provocherebbe un declassamento (anche provvisorio) del debito federale da parte delle agenzie di rating, ed un'esplosione di avversione al rischio in tutto il pianeta, precipitando i già numerosi elementi di squilibrio, manifesti e latenti, presenti nell'economia globale. Il peggiore dei mondi possibili soprattutto per il nostro paese, oggi investito dalla speculazione. Che non è, contrariamente a quanto vorrebbero farci credere alcuni nazionalisti confusi, una Forza Oscura del Male ma la presa d'atto da parte dei mercati delle nostre contraddizioni e vulnerabilità strutturali, dopo anni trascorsi eludendo il problema di una crescita inesistente, cullandosi nell'illusione che la solidità patrimoniale delle famiglie fosse condizione necessaria e sufficiente per superare la nottata. Il paese ha gettato gli ultimi quindici anni, sotto governi di ogni colore, illudendosi che la conservazione dello status quo fosse virtuosa, e che esistesse una «via italiana al galleggiamento». Le cose non stanno così, ed il risveglio è durissimo. È difficile per tutti, in un mondo in cui la prima potenza planetaria è in crisi «esistenziale», ma lo è molto di più per chi non ha messo ordine in casa propria, convincendosi del contrario. Possiamo ancora farcela, ma è lecito essere pessimisti sulla prognosi, in un paese che fa dell'incapacità a programmare il proprio futuro e della cultura emergenziale uno stile di vita.

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