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Grillini e movimenti nuovo incubo del Pd

Pierluigi Bersani

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Da una parte i grillini, i vendoliani e Di Pietro che è tornato a fare il moderato per strappare i voti al Pd. Dall'altra i movimentisti, il popolo Viola, i celentanini, i giovani di Facebook che dopo la vittoria ai referendum scalpitano per diventare l'«altra» politica. In mezzo ai due fuochi cuoce in pentola Pierluigi Bersani. Il leader equilibrista del centrosinistra, né troppo al centro né troppo a sinistra. Sennò cade. Lo dimostra il continuo cambio di posizione del leader del Pd: da partito di governo, laico e moderato, a quello «di lotta» che lunedì ha celebrato quorum e vittoria dei sì. L'oltranzista Bersani chiede le dimissioni di Silvio perché sa che deve cavalcare l'onda popolare, ora o mai più. Ma al tempo stesso guida un partito che deve fare i conti con una pesante ipoteca radicale del tutto imprevista. Finora il Pd aveva infatti scommesso su una possibile alleanza con il Centro per riuscire a tornare al governo nel post Berlusconi. Uno schema messo in discussione prima dalle amministrative, che hanno penalizzato i centristi e fatto emergere la componente movimentista di De Magistris e Pisapia imponendo una riflessione sulla futura scelta del leader di centrosnistra, e poi dal referendum che ha visto molti dirigenti e grandi sindaci del Pd dissentire dalla linea di Bersani sul quesito relativo alla gestione della rete idrica. Le spinte a sinistra sono continue: anche ieri Vendola è tornato a chiedere all'opposizione «un'alleanza con il popolo dei referendum mettendo al centro del programma di alternativa la difesa e la tutela dei beni comuni. Il centrosinistra - ha aggiunto il leader di Sel - deve leggere con attenzione il dato del voto referendario: c'è lì dentro una spinta alla partecipazione in prima persona. C'è un'idea anti-oligarchica della democrazia e c'è la voglia da parte del popolo dei referendum di coniugare le domande della vita alla buona politica». Ma anche il compagno Nichi rischia di essere travolto dall'onda dei movimentisti. Nomi e personaggi sconosciuti a chi non bazzica la Rete e soprattutto alla politica. Come l'Associazione dei Comuni Virtuosi che su Facebook, tra il dicembre 2009 e oggi ha raccolto circa un milione di fans. Il padre dell'iniziativa è Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano (comune di 1883 abitanti in provincia di Milano), con un orientamento politico di centro-sinistra ma non iscritto ad alcun partito. La campagna referendaria sui social network sembrerebbe dunque dimostrare che gli elettori siano alla ricerca della democrazia diretta, di un completo anonimato della politica, staccandosi dai leader la cui sovraesposizione è diventata intollerabile. I pifferai-magici-per-l'intera-nazione non piacciono più. Anche se si chiamano Bersani. Come ha sottolineato Giuliano Ferrara, il rischio è che la crisi del centrodestra non parallela ad un rafforzamento del Pd, porti all'emersione di forze movimentiste e che queste prendano il sopravvento a botte di demagogia e che la stessa sinistra istituzionale vada loro dietro, perché priva di spinta propulsiva propria. Il rischio, aggiungiamo noi, è anche che l'ondata radicalizzante resti il segno predominante, delle alleanze politiche come delle scelte programmatiche concrete, dalla patrimoniale al no a ogni forma di flessibilità di mercato del lavoro come vuole la Fiom. Gli ultimi due round elettorali li ha vinti la piazza, reale e virtuale. Ma la politica (e l'economia) è altra cosa e Bersani deve decidere da che parte stare.

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