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Il Pdl lancia le primarie

Silvio Berlusconi

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Dopo la batosta elettorale il Pdl riparte da una parola tradizionalmente di sinistra: primarie. La usano tanti esponenti del centrodestra perché se non ci sono dubbi che «il governo va avanti», bisogna far uscire Berlusconi dal cono d'ombra in cui è precipitato, restituirgli una nuova legittimazione popolare, mettere a tacere tutti quelli che insistono sul dopo Cavaliere. Allo stesso tempo ricostruire il partito, strutturarlo, costruire un'organizzazione che riesca a tenere insieme le diverse anime e ad evitare la nascita di nuove correnti. Lo dice lo stesso Berlusconi: «Il partito adesso farà un ragionamento sulla propria organizzazione che avevamo già in mente di fare per radicarci di più sul territorio». Ieri il primo passo l'ha fatto l'ex ministro Sandro Bondi: «Valutati i risultati elettorali intendo rimettere il mio mandato di coordinatore nelle mani del presidente Berlusconi». Poi ha ribadito fiducia al premier: «Ritengo che da questo momento il presidente Berlusconi debba ricevere non solo la più ampia fiducia e solidarietà ma soprattutto la assoluta e incondizionata libertà di decisione e di iniziativa per quanto riguarda il futuro del partito». Una presa di posizione che probabilmente il premier congelerà ma che apre alla «rifondazione» tante volte annunciata ma mai realizzata, magari con il coordinatore unico, che potrebbe essere il ministro della Giustizia Angelino Alfano, tante volte «lanciato» dal presidente del Consiglio che l'ha ribadito anche ieri: «Alfano coordinatore unico? È tutto un processo già previsto». Il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri non usa mezzi termini: «Berlusconi deve mandare avanti il governo, difendere il progetto Pdl. Il risultato é certamente negativo, ma non dobbiamo dare spazio a spinte centrifughe. C'è la possibilità di ricostruire un'area moderata. Il terzo polo non decolla e non può limitarsi a far perdere i moderati e far vincere la sinistra». Secondo Gasparri bisogna «confermare il progetto del Pdl come grande partito unitario del centrodestra senza sindromi da ex, ma facendo tutte le scelte inclusive tese a mobilitare le più ampie energie nel radicamento di questo progetto sul territorio, valutando le iniziative politiche utili a ricomporre un'area moderata che nonostante questi risultati può essere ancora prevalente a livello nazionale». Suona la carica anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che affida al suo blog il commento a quanto accaduto: «Lo avevamo detto prima dell'esito del voto e lo confermiamo: il governo va avanti. Del resto un'alternativa parlamentare neppure esiste» anche perché, spiega, «il Pd non ha certo vinto in queste amministrative che hanno visto in corsa, a Milano e Napoli, due candidati ben lontani dalla tradizione riformista». Ciò non toglie però la necessità per il governo e il partito di «rimboccarsi le maniche con urgenza, prima che le speranze alimentate e le promesse non mantenute ci facciano perdere la partita». Anche per questo Frattini torna a suggerire come possibile cura «l'avvio urgente di una nuova fase del partito» che guardi con decisione «alle primarie» che sono, «ancor prima che il congresso, il vero meccanismo trasparente e regolato per evitare la balcanizzazione del Pdl». Anche il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara, tra i consiglieri del premier, sprona Berlusconi a uscire da «questo impantanamento» e lancia le primarie. «Può essere che stia finendo un'epoca, ma in politica - spiega il direttore del Foglio - un'epoca finisce quando se ne apre un'altra». Dunque Berlusconi «deve fare qualcosa. Non può stare zitto per una settimana e poi dare 25 interviste per non dire assolutamente niente», serve una «rilegittimazione della sua leadership con primarie aperte, non c'è un minuto da perdere». E ancora: «Basta con il Berlusconi del museo delle cere», insiste Ferrara. Va sulla stessa scia il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, forte del risultato raggiunto a Terracina, dove, dopo tante polemiche con Alemanno e la Polverini, ha vinto il suo candidato: «Occorre che il Pdl si apra ad un confronto sereno che sono certa può diventare proficuo per il futuro del partito. I primi obiettivi da perseguire perché da questa sconfitta possa nascere un partito migliore e più in sintonia con gli elettori - spiega - sono a mio avviso tutte quelle azioni che portano ad allargare la partecipazione della base e al tempo stesso a valorizzare il merito anche all'interno del partito. Sono d'accordo ad esempio con chi, come Giuliano Ferrara - conclude la Meloni - immagina l'introduzione di primarie aperte per scegliere i candidati del Pdl». Conferma anche il vicecapogruppo al Senato Gaetano Quagliariello: «Non possiamo più concedere al centrosinistra il vantaggio delle primarie, chiederò di istituirle». Ma potrebbero esserci anche i congressi, chiesti a gran voce, tra gli altri, dal sindaco di Roma Gianni Alemanno. Berlusconi, infatti, starebbe pensando ad aprire una stagione di dibattito. Un segnale potrebbe arrivare già oggi, all'Ufficio di presidenza convocato intorno alle 20 a palazzo Grazioli. Ma nel Pdl c'è anche chi vorrebbe cambiare il nome e il simbolo del partito pure se la priorità resta quella di modificare i rapporti interni, superando quel 70-30 tra ex Fi e ex An che più volte, dopo la scissione di Fli, è stato messo in discussione.

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