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In tv sfila l'Italia ruspante dei deputati sconosciuti

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Èsuccesso ieri pomeriggio, quando il canale di Montecitorio ha trasmesso la diretta della seduta, mandando in scena una galleria di ritratti nazionali, il paese reale trasfigurato nel palazzo e viceversa. Un reality-realtà politico. Sì, perché nel linguaggio, nelle facce, nelle espressioni dei nostri deputati, nelle posture, nella dialettica, nell'annoiarsi dei nostri onorevoli si componeva, per immagini e gesti, la fotografia di un Paese rappresentato dai suoi 630 deputati. Di gran parte di questi, sulle televisioni nazionali, generaliste e satellitari, ne ritroviamo nelle serate tv una ventina, al massimo trenta: vediamo con frequenza quelli ritenuti più autorevoli o più telegenici o più seguiti. Ieri, invece, grazie alla web tv della Camera abbiamo visto molti visi, molte facce, molte espressioni, le incarnazioni umane della nostra democrazia. Nomi mai sentiti, cognomi improbabili, l'ordine alfabetico del parlamentarismo: una resurrezione catodica per una narrazione dei nostri tempi. Se è vero, come è vero, che non si possono comprendere gli Stati Uniti d'America senza la pancia profonda dei suoi stati più ruspanti, il Texas, l'Arizona e gli altri, così è vero che non si può cogliere l'ontologia della politica italiana nel XXI secolo guardando soltanto i vari Berlusconi, Fini, Casini, Bersani, Vendola e Cicchitto in televisione. C'è molto di più, c'è la moltitudine sotto il vertice telegenico; c'è la provincia oltre Roma e Milano, ci sono gli accenti dialettali oltre la lingua italiana. Per questo, volendo giocare al paradosso televisivo, la diretta web di ieri da Montecitorio sembrava una Candid Camera. Certo, per farla assomigliare a quelle di una volta, confezionate da Nanni Loy anziché l'Aula sarebbe servita la buvette come sfondo, ma poco importa. Caffè o no, come diceva Brancaleone alla sua Armata nel sapido film di Mario Monicelli: «Oh, gioveni! Quando vi dico sequitemi miei pugnaci, dovete sequire et pugnare! Poche conte! Se no qui stemo a prenderci per le natiche».

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