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Il diario della crisi

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Lamacchina delle Nazioni Unite ha l'avvio lento ma quando parte è inesorabile. Sulla scena della crisi libica, che inizialmente aveva visto la latitanza delle Organizzazioni Internazionali, quest'ultime (Unione Europea a parte, ma non è una novità) stanno ora agendo da protagoniste. L'Organizzazione della Conferenza Islamica e la Lega Araba avevano scaricato il raìs libico già da dieci giorni, chiedendo l'istituzione di una zona-di-non-volo sopra la Libia. Giovedì il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha adottato a maggioranza una risoluzione dai toni forti che impone la no-fly-zone e ora la Nato (o una parte di essa) è legittimata ad intervenire militarmente per fermare il genocidio del popolo cirenaico. La legittimazione occidentale ad intervenire quanto prima e col pugno duro è a maggior ragione valida dal momento che il dittatore libico, appena saputo della risoluzione dell'Onu, ha reagito nel peggiore dei modi: bombardando Misurata. Una prova di forza che denuncia la sua debolezza. Mentre l'Unione Europea si è affrettata ad accettare il dettato del Palazzo di Vetro dichiarandosi disponibile a rendere concreti i passi previsti dalla risoluzione, in un altro quartiere di Bruxelles la Nato sta mettendo a punto i piani cui lavora non da ieri. Passato il venerdì di preghiera, quei piani verranno concretizzati. Più che l'Alleanza atlantica nella sua interezza, però, è presumibile che il braccio armato dell'Onu sarà una sorta di «coalizione dei volonterosi» appartenenti singolarmente alla Nato. Non mancheranno Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Norvegia, mentre la Germania si è già tirata indietro. Le imminenti elezioni in un paio di Laender tedeschi evidentemente valgono più della coesione dell'Alleanza. In quanto all'Italia, è tempo di ricorrenze. Curiosamente, siamo nel 100° anniversario della guerra di Libia del 1911. L'imbarazzo per avere siglato non molto tempo fa un accordo bilaterale di amicizia con Tripoli è stato presto superato e le reazioni politiche sono state più muscolari del previsto. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha annunciato l'imminente chiusura della nostra ambasciata a Tripoli e il ministro della Difesa Ignazio La Russa, per nulla intimidito da Tripoli che intima «L'Italia si tenga fuori!», ha anticipato la messa a disposizione di sette basi aeree: Amendola, Gioia del Colle, Sigonella, Aviano, Trapani, Decimomannu e Pantelleria. Non solo, ma le nostre forze aeree sono disponibili a partecipare a missioni di neutralizzazione di radar e di installazioni avversarie. Bombardando Misurata dopo la risoluzione onusiana, Gheddafi ha un po' imitato l'ammiraglio Carlo Pellion di Persano, che nel 1860 fece bombardare dalla sua flotta la città di Ancona (già, perché il Risorgimento non fu tutto rose e fiori) anche dopo che questa si era arresa. Persano finì politicamente e militarmente con la disfatta di Lissa sei anni più tardi. È probabile che Gheddafi debba aspettare molto, molto meno. *Generale riserva Brigata Alpina Julia

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