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Una bella puntura di Vespa

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Gianfranco Fini a Porta a Porta

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Viva e un bravo a Bruno Vespa: nell'eterna rappresentazione della commedia dell'arte dei talk show italiani, sempre densi di ospiti politici (i più gettonati sono sempre i soliti noti), di qualche giornalista (anche qui il parterre delle facce è una liturgia, come le maschere del Carnevale) e di alcuni sparigliatori di professione, giovedì sera, su Raiuno, a Porta a Porta è andato in onda un duello vero tra il conduttore e il presidente della Camera e leader di Futuro e libertà Gianfranco Fini. Dai dialoghi della puntata. Fini: «Lei offende la mia intelligenza». «Mi fa piacere», replica Vespa. Fini: «Dovrebbe chiedere al presidente del Consiglio, che lei frequenta». Vespa: «Io non frequento il presidente del Consiglio». Botte e risposte, spigolature, domande e repliche puntute. Insomma un'intervista vera, schietta, aperta ad ogni soluzione da parte dello spettatore: per me ha vinto Vespa, no per me ha vinto Fini. Grazie a Bruno Vespa, dunque, e pure a Gianfranco Fini che ci hanno fatto riscoprire il gusto di un match senza infingimenti. Del resto basta riguardarsi le espressioni dei due, durante Porta a Porta, per coglierne la tensione reale, senza pose predefinite. Una mano santa per i nostri talk dove troppo spesso inciampiamo nel prevedibile, nel politico che battibecca col politico, in maniera scontata ed in una marea di ospiti, quasi un pedaggio alla mania del pluralismo dei tempi moderni dove quando, parlando tv e non sapendo cosa dire, tutti in coro dicono: «Ci vuole il pluralismo». Son passati quasi dieci anni da quando Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, in un suo editoriale definì il giornalista Bruno Vespa «equivicino». Vicina, lontana, equidistante o come diavolo volete voi, l'intervista di Vespa a Fini, giovedì scorso, ha ridato fiato ad un genere che in tv sì è afflosciato da tempo, sommerso dal troppo parlare (del politico) e dal poco domandare (del giornalista). Che l'avrebbe rianimata Bruno Vespa nessuno poteva prevederlo ma in Italia, dove - e lo diciamo con orgoglio - non abbiamo nulla da imparare dal giornalismo anglosassone (con cui troppo spesso intellettuali & company del nostro Paese ci flagellano), tutto può accadere. Perché, come scriveva il giornalista e scrittore Emilio Cecchi, «il giornalismo moderno della notizia se qualche cosa è o può essere, non può essere altro che lo stesso giornalismo antico dell'opinione». Good night and good luck.  

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