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Il processo del lunedì

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Il premier Silvio Berlusconi

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Sono tre i fatti di politica interna della settimana che meritano un'analisi. Riguardano tutti la figura di Silvio Berlusconi. 1) Per la prima volta il presidente del Consiglio tratta con la Procura di Milano; 2) Per la prima volta il Cavaliere decide che la sua strategia è quella di difendersi nel processo e non solo dal processo; 3) Per la prima volta, in maniera seria e determinata, il governo ha intenzione - e siamo per ora a questo, ma è già qualcosa - di presentare una riforma della giustizia vera. In passato non era mai accaduto, se non per isolati episodi e in maniera disordinata. Ma questa volta siamo di fronte a una svolta: il processo del lunedì.   Non so se decisiva e soprattutto definitiva, certamente qualcosa nella mente e nella strategia del confronto con la magistratura è cambiato. Intendiamoci, siamo sempre al muro contro muro e allo scenario della guerra termonucleare, ma penso che il Cavaliere se segue questa strada non sbaglia. Provo a spiegare perché ai miei pazienti e intelligenti lettori. Berlusconi fino a ieri ha sempre usato una strategia di difesa dal processo. Non la giudico né buona né cattiva, seguo sempre la scuola del realismo e gli insegnamenti del Machiavelli: in uno scontro politico – e quello tra Berlusconi e i pm lo è all'ennesima potenza – ogni attore in campo usa le sue armi. Il Cav ha usato di volta in volta anche le leggi ad personam. Lo ha fatto per difendere il principio sacrosanto che il governo ha il diritto di governare e il corpo elettorale è sovrano e non può essere truffato da manovre mediatico-giudiziarie. Berlusconi aveva il preciso dovere di difendersi da un assalto e ha usato ogni mezzo lecito – perché val la pena di ricordare che tutto ciò illecito non è – per evitare di essere disarcionato con armi non convenzionali. Dobbiamo ricordare che Berlusconi ha sempre accettato la sconfitta politica, quella nelle urne. Perfino di fronte a un sostanziale pareggio nel 2008 con Prodi, Berlusconi alla fine si rese conto che il voto seppur in maniera rocambolesca, imbrogliato all'estero, al fotofinish gli aveva dato torto. Ma il Cav non ha mai voluto riconoscere alla magistratura il potere e il diritto di far cadere i governi, promuoverne altri più o meno amici, o arrivare a selezionare la classe dirigente a seconda della svegliata mattutina di un pm. A Berlusconi questo va riconosciuto: ha sempre difeso il primato della politica rispetto agli altri poteri, in ogni caso non ha mai ceduto al dispotismo dell'ordine giudiziario che vuole farsi contropotere di tutto e infine potere unico sulla scena. Ah, immagino lo sguardo accigliato dei parrucconi dei quartierini alti. Non ce ne curiamo, se non per osservarne divertiti il brigantaggio intellettuale. Qui abbiamo letto i libri nascosti dalla scuola, conosciamo le istituzioni e la legge della giungla. Si confrontino su questo terreno e troveranno chi incrocia la spada. Andiamo avanti. La sola idea che Berlusconi abbia deciso di presentarsi di fronte a un tribunale - un collegio di donne e un'accusatrice donna – e preparare una strategia difensiva nel dibattimento è qualcosa di estremamente interessante. Ho sempre spiegato che non siamo di fronte a un imputato e a un processo (Ruby) qualsiasi. In questo scenario la sentenza ha un'importanza relativa. È un puzzle mediatico. Conta solo la scena, la rappresentazione, il plot narrativo, la sequenza dei caratteri, dei personaggi, il dialogo, la voce narrante, l'abito, la luce, la messa a fuoco, il dialogo diretto, indiretto, il fuori scena. È sceneggiatura. Cinema. Televisione. Fiction. Il processo al Cav per una storia di mutande pazze rischia di trasformarsi in uno show da record. E se il Cav – come ho auspicato e spero faccia – si presenta in aula ogni lunedì, avremo il record assoluto degli ascolti nella storia della televisione italiana. Gli avversari di Berlusconi questo scenario non l'hanno ancora compreso a fondo. Essendo proni all'accusa, ignorando le armi della difesa, la qualità complessiva dei testimoni, sottovalutando da diciassette anni le capacità istrioniche di Berlusconi, pensano che il processo spianerà come un bulldozer il Regno del Cavaliere. Sono molto vicini al cento per cento di errore. Se il Signor B. decide davvero di giocare la sua partita dentro il processo, la cooperativa tipografica Travaglioni e Davanzoni scoprirà che le paginate di verbali sono niente di fronte al doppiopetto del Cav che si materializza in aula. È il corpo del Monarca nella tana del Nemico. Berlusconi non è uno che si fa digerire in un boccone e se è vero che è un Caimano, allora il suo stomaco è capace di sminuzzare tutto. L'altro ieri ho guardato sul web per mio assoluto diletto una riunione di redazione di Repubblica. Il tostissimo Ezio Mauro faceva la messa cantata e annotava – quasi rassegnato – come il Paese avesse una “capacità di assorbimento” enorme degli ultimi fatti e misfatti della storia berlusconiana. Sarebbe stato utile sentire una logica analisi seguente a questa premessa, ma ovviamente a Repubblica questo costerebbe ammettere che il suo spazio politico di manovra – legittimo e assolutamente ben interpretato – in realtà è di minoranza del Paese. È un'opposizione che si considera figlia dei Lumi, ma per ora non ha abbastanza energia per far scoccare la scintilla che fulmina una volta per tutte Berlusconi. Quest'ultimo ha nella procura di Milano le vere insidie e i nemici più temibili. Il processo Ruby è esemplare: non c'è una denuncia di parte contro Berlusconi, non c'è un concusso dichiarato né una minore che accusa. Non ci sono vittime che chiedono giustizia. C'è solo l'accusa, plateale, pronta a colpire, affamata. Berlusconi è nella veste di imputato, presunto colpevole in attesa di certa condanna. Ma ha la sublime occasione di mettere davanti agli occhi degli italiani questo buco nero che pretende di fagocitare tutta la politica per poi risputarla fuori in una versione che dal titanico Hegel degrada all'elementare Saviano. Dalla tesi-antitesi-sintesi del filosofo tedesco, all'elenco di Fabio Fazio e i suoi fratelli. No, dopo il Cav del Drive In non può esserci il cineforum dei milionari.

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