Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

L'Occidente sbaglia e l'Iran ci guadagna

default_image

  • a
  • a
  • a

«Ogni battaglia di libertà merita rispetto». Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl e membro della parlamentare italiana al Consiglio d'Europa, guarda alla situazione libica con speranza. Anche se, inutile negarlo, è «la paura» a farla da padrone. Onorevole Nirenstein cosa sta succedendo in Libia?  Sono giovani che lottano per la libertà o è l'ennesima battaglia di una jihad globale? «I tanti giovani che riempiono queste immense piazze africane stanno rivoluzionando la situazione geopolitica del Mediterraneo: combattono contro un terribile tiranno, meritano una vita migliore, anelano alla libertà e per questo vanno rispettati. Questo, però, non ci esime dal domandarci quale sia e da dove provenga il loro concetto di libertà». Cosa muove la loro battaglia? «Si tratta di immense masse di giovanissimi, che nella maggior parte dei casi sono cresciuti avendo incontrato, nella loro vita, in una moschea, un Imam che ha messo loro in testa che l'islam è la risposta a tutti i loro problemi, dalla miseria, alla fame, alla mancanza di diritti umani. Credono di dover costruire un califfato globale, conquistando tutto il mondo per esaudire la volontà di Allah».   È la missione dei gruppi integralisti islamici... «La forza dei Fratelli Musulmani, di Al Qaeda è la loro organizzazione. In un mondo privo di qualsiasi assetto organizzativo, questi gruppi così strutturati hanno un'influenza culturale importantissima. Questo elemento è molto pericoloso. E a questo si aggiunge poi quella che io chiamo la "cultura dell'odio"».   Cosa intende?  «Vede, i dittatori che guidano questi Paesi, per mantenere intatto il loro potere, usano quotidianamente le armi della prepotenza, della propaganda, della corruzione. Hanno messo in piedi un enorme castello ideologico, ripetendo quotidianamente ai loro sudditi che tutti i mali di cui soffre il mondo arabo non derivano dalla loro cattiva gestione del potere, ma da una cospirazione occidentale che vede coinvolti in primo luogo gli Stati Uniti e Israele. I giovani se lo sentono ripetere nelle scuole, nelle moschee. È il loro riferimento culturale più strutturato: il mondo cospira contro di loro. L'Occidente li ha sfruttati, li ha resi schiavi. Credono che solo liberandosi del mondo giudaico-cristiano, colonialista e imperialista potranno vincere la loro battaglia, essere liberi e vivere una vita migliore». Di fronte alla loro «organizzazione», la debolezza della Comunità internazionale... «Gli Stati Uniti e gli altri leader mondiali di fronte alla crisi nordafricana hanno sbagliato tutto. Hanno dimostrato un'enorme incertezza. Obama in un minuto ha scaricato Mubarak, per poi recuperarlo il giorno dopo. Ha mollato tutti i leader contrari alla rivolta, senza però sapere cosa dire e cosa fare. E tutto questo ha una conseguenza pericolosissima». L'Iran... «È la nuova superpotenza dell'area mediorientale e sta giocando un ruolo molto importante. Per la prima volta alcune navi iraniane hanno ancorato a Jeddah. Prima Arabia Saudita e Iran erano nemici. Le navi hanno poi attraversato il canale di Suez: anche l'Egitto (islamico, ma a maggioranza sunnita) era nemico dell'Iran (sciita). Sono segnali pesantissimi». Cosa significa? «Stanno cambiando gli assetti delle alleanze. Questi Paesi, non fidandosi più degli Stati Uniti e dell'Unione europea si apprestano a creare altre alleanze. E poco importa se si tratta dell'Iran della bomba atomica e della negazione dei diritti umani. Adesso ha una grande possibilità di farsi largo». Cosa deve fare la communità internazionale? «Dobbiamo essere molto più decisi e più compatti. È evidente che in Libia sono stati commessi enormi crimini contro l'umanità. Gheddafi è un tiranno particolare, delirante, che non distingue più tra il suo destino e quello del suo Paese. È convinto che, se muore lui, tutti i suoi devono morire. Chiunque è in Libia è in pericolo. Può prendersela con gli stranieri, farli prigionieri e ricattare la comunità internazionale. L'errore è stato non capire sin dall'inizio che si trattava di un dittatore fuori controllo. L'Onu lo ha legittimato, ha fatto sì che sedesse al tavolo della commissione dei diritti umani, non capendo quanto fosse pericoloso». E adesso?  «Intanto dobbiamo prepararci a un'ondata migratoria di proporzioni enormi e insistere perché l'Unione europea condivida il nostro fardello. Poi dobbiamo fare in modo di selezionare l'ingresso dei profughi, perché, data la situazione, può entrare di tutto. Infine, se Gheddafi rimane rintanato nel suo bunker di Tripoli, dobbiamo cominciare a pensare ad una forza di interposizione internazionale. Del resto, non è la prima volta. È già accaduto in Libano».  

Dai blog