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Gli Usa (e getta) di Wiki-Silvio

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Matrioske dei leader mondiali

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L'Espresso e La Repubblica pubblicano i cablogrammi su l'Italia e Berlusconi, trafugati dalla premiata ditta Assange-Wikileaks. Dov'è la notizia? Domanda corretta. Anzi, per entrare di schianto nel mondo linguistico americano, ripetiamo il mantra dei giornalisti e degli analisti d'Oltreoceano: «Where is the beef?» Dov'è la «ciccia», la carne, la sostanza della «cosa»? Quale «cosa»? Figuriamoci, la solita già largamente studiata da neuroscienziati della politica di fama, cito soltanto l'americano «liberal» progressista George Lakoff: quando si deve attaccare il Nemico, usare cornici a gogò, please. Ossia: ingabbiare stretta la realtà nelle cornici ideologiche ad uso e consumo della Tesi da dimostrare e così il Nemico diventa l'unico mostro da azzerare. Ma non è questo il tema. Quel che più interessa è la verità - anche storica, sissignori - del Berlusconi leader forte in politica estera, giudicato come partner affidabile, pragmatico, efficace e spesso strategicamente decisivo dall'ambasciatore Spogli, cioè dal Governo americano. Obama incluso. Perché? Facciamo qualche passo indietro. Qualcuno ricorda l'11 settembre 2001? Bene, dalle parti del Centro del Mondo, vengono bucate come burro le Torri Gemelle. New York. Tutti si dicono americani, a quell'epoca. Ebbene, il più americano, tosto e leale con gli Usa è proprio Silvio Berlusconi. Amico di George Bush Junior - che fra trent'anni sarà ricordato come uno dei Presidenti più importanti della storia americana e mondiale -, ha le idee chiare: Usa uguale Occidente. L'Occidente è la Terra della Libertà. La nostra Patria. Unica Patria, come dire: difendiamo la libertà insieme agli Usa. Un impianto strategico e di alto livello storico-politico-culturale, che un teorico dell'Occidente come luogo della libertà cristiana come don Gianni Baget Bozzo ha difeso, legittimato intellettualmente e sostenuto in lungo e in largo. Sembra un secolo fa e, in qualche modo, è un secolo fa. Ma contro i fatti, le chiacchiere stanno a zero: Berlusconi ha convinto come leader internazionale, mentre ha soltanto vinto come leader del centrodestra. Differenza di non piccolo momento. L'Italia, inserita quasi di peso nell'asset strategico occidentale, è riuscita ad aumentare il suo prestigio internazionale, come da decenni non accadeva. Non solo pragmatismo, c'era e c'è anche l'anima di un sentimento liberale e occidentalista che traspare in maniera cristallina da ogni azione e parola del leader del centrodestra. Ecco il tema. Nessuna polemichetta con il gruppo Espresso-Repubblica, basta squadernare la realtà dei fatti, come viene declinata dalla diplomazia americana. Non è tutto. Perché gli States hanno perfino compreso l'intelligenza politica di fondo dell'apparente rovesciamento di fronte da parte del Presidente del Consiglio, parlo del gomitolo comunicativo euroasiatico. Putin - definito da Berlusconi, con sprezzo del ridicolo, «un sincero democratico» - magari non brillerà per spirito liberale, ma di sicuro comanda sul gas e su chi fa affari col gas. Il gas è la politica postmoderna, dopo lo smantellamento dell'egemonia degli Stati sui mercati internazionali. Mister B. l'ha còlto e si è gettato con foga sulla vicenda del gas, compresi gasdotti e contratti: nessun deragliamento dall'asse occidentalista, piuttosto il rafforzamento di un protagonismo, prossimo per prassi ed energia di «movida» al Ventennio, del Paese, onde stare nell'arena internazionale ben coperti dagli Urali al Mediterraneo. Più Occidente, dunque, non meno Occidente. Occidente euro mediterraneo con sponde euroasiatiche. Segno di vitalismo di lunga durata. Altro che sfarinamento della politicità a mezzo di impoliticità temperamentale, come nel cuore della Roma di sempre stiamo constatando da troppo tempo. Il «meglio» Berlusconi è questo: uno stratega internazionale a tutto tondo, che gli stolidi perdenti, poi, dicano quel che vogliono. L'Italia è orfana di questo stratega spontaneo. Eccessivo, il suo spontaneismo, a queste latitudini.

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