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La Sinistra non ci sta e grida allo scandalo

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«L'adozione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto sul Federalismo municipale è un atto dovuto nel rispetto delle prerogative del Parlamento». La Lega esulta. Il Cdm è riuscito a riaprire una partita che la bicamerale sul Federalismo aveva relegato su un binario morto ma l'opposizione è insorta. «Siamo in una situazione senza precedenti» dice il leader di Fli e presidente della Camera, Gianfranco Fini. «Un vero atto di arroganza», commenta Bersani. «Il voto per decreto nel Consiglio dei ministri sarebbe un vero e proprio esproprio eversivo contro il parere del Parlamento» aggiunge il dipietrista Leoluca Orlando. Eppure questo non interessa al Carroccio e in una nota congiunta sono proprio i capogruppo del partito del Nord di Camera e Senato Marco Reguzzoni e Federico Bricolo a spiegare la decisione del Cdm: «La legge 42 dà il compito al governo di emanare il decreto visto che la V commissione Bilancio del Senato ha espresso un parere favorevole. Il pareggio che si è realizzato in Commissione Bicamerale ha determinato la non espressione del parere da parte della Commissione stessa». E aggiungono: «Abbiamo aspettato con numerosi rinvii e abbiamo accolto numerosissimi emendamenti parlamentari e tutte le richieste dell'Anci. È pertanto doveroso che il governo abbia proceduto lungo le linee che la legge delega gli ha affidato. Alle opposizioni, che criticano, rispondiamo che strumentale è stato il loro voto in Bicamerale perché hanno più volte condiviso molti dei contenuti del Federalismo. Il lavoro costruttivo di confronto fra tutti i gruppi e i ministri Bossi e Calderoli proseguirà anche sull'attuazione dei prossimi decreti, con la disponibilità e la concretezza che abbiamo sempre dimostrato». E concludono: «Nei prossimi giorni chiederemo ai presidenti di Camera e Senato di rivedere la composizione della Bicamerale per il Federalismo che non rispetta la consistenza numerica dei gruppi in Parlamento». L'opposizione però non accenna a diminuire i toni dello scontro anche se uno spiraglio, nel pomeriggio, era partito proprio dal Pd che chiede tempo e rinnova la proposta alla Lega per procedere assieme sul federalismo: «Adesso ci si fermi, non ci sono condizioni nè giuridiche nè politiche per andare avanti» è l'appello che prova a lanciare Pier Luigi Bersani secondo il quale il Pd può tornare a discutere di federalismo solo «se Berlusconi fa un passo indietro». Ma è lo strappo serale, quello che arriva con la convocazione del consiglio dei ministri, che manda su tutte le furie l'opposizione. «Il governo così fa un ennesimo golpe e un forzatura illegittima» sostiene il leader dell'Idv, Antonio di Pietro che invoca la piazza e il voto. «Ancora una volta il governo si dimostra arrogante nei confronti delle istituzioni» commenta Renzo Lusetti, deputato dell'Udc, che parla della mossa in Cdm come di un «atto di forza senza precedenti». La decisione del governo viene inoltre definita «gravissima» dal deputato Pd e componente della Bicameralina, Francesco Boccia che lamenta «l'atto di rottura ingiustificabile». Anche Pierluigi Castagnetti (Pd) la definisce «un atto politico scandaloso. Non si è mai visto - aggiunge - un Consiglio dei ministri convocato d'urgenza per esprimersi contro una scelta del Parlamento». Per Michele Ventura, vice presidente vicario del gruppo del Pd alla Camera, si è «abbondantemente superato il limite del rispetto delle regole». Dal Terzo Polo si sostiene che l'unico modo che il governo poteva avere per varare comunque il decreto, sarebbe stato quello di emanare il testo originario del 4 agosto: «Ogni soluzione diversa si tradurrebbe in un rischio per la tenuta del sistema della finanza locale. Sarebbe saggio per il governo non assumersi questi rischi» dice Linda Lanzillotta, esponente dell'Api nella Bicameralina, sostenuta anche da Rosy Bindi secondo la quale «la Corte costituzionale può ritenere il provvedimento incostituzionale. Rispettare le procedure non è un dettaglio».   Per il presidente emerito della Corte Costituzionale, Piero Alberto Capotosti, «lo schiaffo» al Parlamento alza di nuovo il livello dello scontro mentre non è da escludere la possibilità che il Capo dello Stato possa «formalmente rifiutare di firmare» il provvedimento. Quanto alla bocciatura in Commissione, determinante ai fini del risultato finale è stato il voto di Mario Baldassarri, senatore finiano che fino all'ultimo si era lasciato mano libera per decidere se sostenere o meno il provvedimento. «Non sono io l'ago della bilancia ma il provvedimento stesso. Da federalista convinto dico che questo testo produce una minore autonomia, una maggiore dipendenza dai trasferimenti e l'inevitabile risultato di aumentare la pressione fiscale». Per questo, «e con profondo rammarico», alla fine anche Baldassari ha votato No.

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