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Il Vangelo secondo Lerner Berlusconi come Erode

Gad Lerner riceve la telefonata di Silvio Berlusconi durante

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Silvio bifronte: un po' Mubarak, un po' Re Erode. La guerra santa dell'Infedele Gad Lerner mette a segno un altro duro colpo contro il presidente del Consiglio. Sono passati appena sette giorni dalla sfuriata televisiva di lunedì scorso quando Berlusconi definì la conduzione del programma «spregevole, turpe, ripugnante, basata su tesi false, lontane dalla realtà» e Lerner decide di rincarare la dose. Troppo succulenta la possibilità di ripetere il record di ascolti della settimana scorsa e così ieri sera si è voluto vendicare. Il perbenismo ha imposto a Lerner un timido tentativo di superiorità annunciando di non voler cavalcare l'onda, «decisamente più redditizia» degli scandali legati al caso Ruby, poi però ha cambiato idea. «L'infedele deve fare L'infedele» e così, dopo aver aperto il programma con le immagini della conferenza stampa del 4 giugno del 2008 tra il premier italiano e il presidente dell'Egitto Hosni Mubarak, commentando «temo che ora Berlusconi dovrà chiedere consiglio a qualcun'altro», lancia l'ennesima crociata. Ovviamente contro il Cavaliere. Sullo sfondo dello studio è riprodotta una gigantografia di uno striscione con scritto «L'Italia non è un bordello». A fianco uno schermo. L'immagine è fissa e riprende una donna. Dietro di lei un pannello nero. In mano ha dei fogli bianchi. È Lunetta Savino. Il grande pubblico l'ha conosciuta quando vestiva i panni di Cettina nella fiction Un medico in famiglia e ieri sera si è prestata a leggere una lettera di suor Rita Giaretta. Una donna, consacrata, impegnata da anni contro la tratta delle donne della Comunità Rut di Caserta che «come cittadina italiana» si è detta «sconcertata nell'assistere come, da "ville" del potere, alcuni rappresentanti del governo, in un momento di grave crisi, offendano, umilino e deturpino l'immagine della donna». E così una puntata che nelle anticipazioni prevedeva di muoversi tra il caso Belgio sull'orlo della secessione e la rivolta popolare che sta travolgendo i presidenti tiranni nostri alleati, dalla Tunisia all'Egitto, fa irruzione per l'ennesima volta il caso Italia divisa, come riporta il promo, «tra l'inesauribile harem di Berlusconi e il braccio di ferro sul federalismo: il nostro futuro sarà un'avventura?». Un'avventura che L'infedele Lerner cavalca dando voce a una suora che, dopo aver espresso la sua inquietudine nel «vedere esercitare un potere in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento», arriva a paragonare la villa di Arcore al palazzo di Erode, lo spietato e crudele re della Galilea: «Di fronte a questo spettacolo - conclude la religiosa - sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti, agli Erodi di turno, "non ti è lecito! Non ti è lecito" offendere e umiliare la "bellezza" della donna; non ti è lecito trasformare le relazioni in merce di scambio, guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi non ti è lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticità, di bellezza, di trasparenza, di onesta. Tutto questo è il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!». Il premier diventa così un uomo diviso a metà: da una parte lo si vorrebbe vedere nei panni del presidente egiziano Mubarak messo all'angolo e costretto a trattare con le forze politiche dell'opposizione per effettuare le riforme costituzionali e dall'altra lo si paragona a quell'Erode che condannò alla decapitazione Giovanni il Battista per compiacere la bella Salomè. Una serie di accostamenti che piacciono, non solo a Lerner, ma anche a qualche ex alleato del premier che ora vede nel futuro di Berlusconi solo le dimissioni. Ne è convinto per esempio Italo Bocchino, capogruppo di Fli alla Camera, secondo il quale «entro dieci giorni l'inquilino di Palazzo Chigi sarà sotto processo per prostituzione minorile, e sarà devastante. Non potrà restare oltre». E affonda: «Ben Ali all'inizio non avrebbe voluto lasciare. E come lui anche Mubarak non vorrebbe farlo».

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