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Maroni chiede la tregua ma la sinistra non ci sta

Il ministro  degli Interni Roberto Maroni

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«È ora di deporre le armi e di affrontare i problemi veri». A fare da pompiere, questa volta, per fornire una via d'uscita al fuoco mediatico sul caso Ruby, è la Lega. La preoccupazione del Carroccio è risaputa: se la legislatura dovesse sbriciolarsi, sotto le macerie resterebbe sepolto anche il federalismo. Così il ministro dell'Interno Roberto Maroni in una lettera-appello sul Corriere della Sera, si è rivolto a maggioranza e opposizione. «Basta teoremi e complotti e quanto allo stile di vita del presidente del Consiglio - dice - è diverso dal mio, ma è affar suo». Per Maroni quello sui media e nei talk show è un «antiberlusconismo inconcludente, che ha già fallito la prova della sfiducia parlamentare, che non porterà alle dimissioni di Berlusconi, ma anzi contribuirà a rafforzare la compattezza e la tenuta della maggioranza». Maroni poi esprime «fastidio» per le «ingiuste critiche» rivolte alla Questura di Milano nella vicenda Ruby, «perquisizioni comprese». Il ministro ha ribadito fedeltà alla maggioranza ma ha anche sottolineato che questa non è una cambiale in bianco. «Dopo l'abbuffata di culi e tette nel caso Ruby, occorre tornare alle cose che interessano i cittadini. Bisogna tornare ad occuparsi a tempo pieno di quello per cui siamo stati eletti, per affrontare i problemi e risolverli». All'opposizione chiede se non sia impensabile «sperare che la parte più responsabile riesca a staccarsi dal buco della serratura, smetta di alimentare un circo mediatico da basso impero e sia disponibile a definire rapidamente con Governo e maggioranza un piano straordinario di misure economiche e finanziarie per favorire la crescita, sostenere le imprese (in primo luogo quelle piccole e medie), dare sollievo ai sindaci e ai loro bilanci asfittici, magari rinegoziando il patto di stabilità su basi più articolate ed efficaci». Maroni ricorda che il 2011 «è l'anno del Dragone» e che lo sarà «anche per la Lega». Quindi ricorda quello che per la Lega è un appuntamento cruciale, «il momento della verità». «Il prossimo 2 febbraio il Parlamento deciderà se approvare o meno il federalismo fiscale targato Umberto Bossi, determinando di fatto le sorti della legislatura». Ma l'appello è destinato a cadere nel vuoto. Urso, coordinatore nazionale di Futuro e libertà, sostiene che «la tregua offerta da Maroni è certamente da apprezzare ma è necessario che il premier abbia un comportamento diverso nei confronti delle istituzioni». E chiede a Berlusconi di presentarsi nelle sedi competenti per spiegare quanto accaduto invece di gridare al complotto accusando gli altri organi dello Stato». La sinistra di voltare pagina non ci pensa nemmeno. Luigi de Magistris, eurodeputato Idv, ironizza: da che pulpito viene la predica. Maroni fa parte di un governo a cui va addebitata tutta la responsabilità del quadro politico attuale. Quanto al caso Ruby non è affare privato che suscita la morbosa attenzione della sinistra, ma una vicenda di interesse pubblico. Rifiuto netto anche dal Pd. Il coordinatore della segreteria nazionale, Maurizio Migliavacca, è tranchant: «Se l'Italia oggi è bloccata e ingovernata la colpa è del governo e della sua maggioranza. E di questa grave situazione la Lega ne porta una responsabilità enorme». «È sinceramente stucchevole - continua Migliavacca - che oggi Maroni e altri esponenti leghisti si appellino, a non si sa bene chi, per raddrizzare una situazione ormai compromessa. È evidente l'imbarazzo dei leghisti, ma l'unica soluzione credibile che Bossi e i suoi hanno ora davanti è ammettere il fallimento dell'esperienza berlusconiana e lasciare al proprio destino l'attuale governo». «Quanto al federalismo poi - sottolinea il coordinatore della segreteria democratica - la strada non è quella giusta. L'attuale bozza che ci si sta propinando è addirittura meno federalista del decentramento che avevamo prima di questo governo a trazione leghista. Insomma, se si vuole dare una svolta non servono generici appelli, oltretutto senza il coraggio di mettere il mittente giusto, ma è necessario un progetto che segni la riscossa del Paese di fronte a un degrado etico, civico e politico in cui Berlusconi ci ha trascinato in questi anni».

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