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L'Aquila: no ai 34 milioni della Caritas

Il sindaco de L'Aquila Cialente

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I terreni ci sono perché li ha messi a disposizione la Curia, i soldi anche, ma le 17 strutture che la Caritas vorrebbe realizzare all'Aquila per restituire ai terremotati una vita quanto più possibile "normale", si sono perse nei cassetti della burocrazia comunale. A rivelarlo in un'intervista al settimanale Famiglia Cristiana è il direttore della Caritas, monsignor Vittorio Nozza. A dire il vero la Caritas ha già realizzato e inaugurato centri per minori, per anziani, chiese, strutture per categorie deboli. La maggior parte di questi interventi, però, ha interessato piccoli comuni del cratere sismico che hanno colto al volo l'opportunità di risorse extra, messe a disposizione dagli italiani e trasformandole in cantieri. Dall'Aquila, invece, nessuna notizia. «Avremmo potuto fare di più», ha detto Nozza a Famiglia Cristiana. «Abbiamo le risorse, i soldi che ci hanno dato i cittadini italiani, ma abbiamo realizzato poche cose. Non per colpa nostra. I problemi maggiori li abbiamo avuti nel comune dell'Aquila». I progetti, ha spiegato Nozza, sono stati presentati all'inizio dell'anno scorso per realizzare interventi su terreni della curia aquilana e delle parrocchie. Complessivamente si metterebbero in moto dieci milioni di investimenti. Nonostante le ripetute sollecitazioni il silenzio da parte degli uffici comunali è stato tombale fino a quando la Caritas ha alzato la voce minacciando di trasferire altrove i fondi. Solo a questo punto dal comune è giunta una sola autorizzazione, quella per realizzare un centro di edilizia sociale del costo di un milione e 200mila euro. Complessivamente la Caritas, dopo l'emergenza dettata dal terremoto del 2009, ha "racimolato" 29 milioni di euro grazie alla generosità dei cittadini toccati dalla tragedia che ha colpito L'Aquila. Persino da una parrocchia della Somalia è giunto un contributo di mille euro per la ricostruzione della città. Un gesto il cui valore va ben oltre il semplice dato numerico, soprattutto se si pensa che a pochi mesi dal sisma molti aquilani con le case agibili hanno speculato sugli affitti approfittando del momento di necessità estrema di tanti loro concittadini che, invece, non sono riusciti a salvare neanche un paio di scarpe. Ai 29 milioni dei privati si sono aggiunti poi altri 5 milioni messi a disposizione dalla Conferenza episcopale italiana. In totale, 34 milioni di cui si doveva necessariamente "approfittare", visto che i problemi da risolvere sono davvero tanti e che l'emergenza, come viene continuamente sbandierato, è sempre dietro l'angolo. Per la scelta delle imprese alle quali affidare i lavori Caritas Italiana ha indetto una gara privata su scala nazionale per selezionare le imprese e aggiudicare le opere sulla scorta di criteri rigorosi. Anche le ditte che dovrebbero realizzare gli interventi previsti nel territorio comunale dell'Aquila sono pronte, ma dagli uffici comunali non soffia una voce. Secondo Nozza «mancano indirizzi chiari, non si si trovano interlocutori, c'è una litigiosità estrema dentro l'amministrazione e nei rapporti con altre istituzioni, compresa la diocesi. Mancano le idee sulla ricostruzione». Un quadro tutt'altro che rassicurante se si pensa che in ballo c'è il futuro di un'intera città e di tutti i suoi abitanti che già prima del terremoto sperimentavano il crollo verticale dell'occupazione. Oggi il sindaco Massimo Cialente, e gli assessori Stefania Pezzopane, Giampaolo Arduini e Pietro Di Stefano replicheranno spiegando il loro punto di vista sulla faccenda e i motivi dei ritardi accumulati, delle mancate risposte lamentate dalla Caritas, dei progetti fermi. Nell'elenco ci sono spazi ricreativi per minori, sale studio per studenti universitari, un centro diurno per i malati di sclerosi multipla, interventi di edilizia sociale e abitativa, case famiglia per l'accoglienza di bambini e studenti, centri di comunità, tutti pensati nel rispetto dell'ambiente e del ripristino sostenibile degli spazi. Tutti spazi di cui la città, e chi vi è rimasto a vivere nonostante le innegabili difficoltà, ha un bisogno estremo per ricostruire oltre alle case, anche quel tessuto sociale che col terremoto è finito in mille pezzi. Strutture che consentirebbero agli aquilani di riconquistare spazi di aggregazione importanti per ricominciare a vivere.

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