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Albertini si candida a Milano. Anzi no

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Aquesta conclusione si è giunti perché ai tre leader, l'europarlamentare del Pdl ha mandato una lettera «contenente - lo ha dichiarato lui stesso - la mia decisione in merito alla candidatura». Il punto è, però, che nella lettera c'è scritto l'esatto contrario. O meglio: Albertini condividerebbe pure i valori che stanno dietro al progetto «terzopolista», ma ringrazia il trio e si dice indisponibile. A conferma di ciò, il fatto che da Fini, Casini e Rutelli non è arrivato alcun commento. Nessuna nota di giubilo. Eppure per loro vantare tra le proprie file l'ex sindaco di Milano sarebbe stato un bel colpo. Ci sono anche andati vicini. In un primo momento Albertini un pensierino ce lo aveva pure fatto. Se Pisapia (così come è stato) avesse vinto le primarie del Pd (e magari ottenuto un 18-20% dei consensi alle comunali), lui avrebbe potuto puntare al ballottaggio con la Moratti, raccogliendo i voti del centrosinistra e dei delusi del centrodestra. Fini & Co. avrebbero iniziato col botto la loro avventura. Battere la Moratti e conquistare Milano. La città del Cav. Il risultato avrebbe avuto le sue ripercussioni anche a livello nazionale, non fosse altro che per l'impatto simbolico. E invece no. Albertini - lungi dal volerlo far fuori come intendono fare gli altri tre - sarebbe in piena trattativa con Berlusconi. All'ex sindaco di Milano non dispiacerebbe presiedere una società energetica. In un primo momento in ballo c'era la A2A. Dal momento che si tratta di una società pubblica, però, Albertini avrebbe dovuto dimettersi da europarlamentare. Sul tavolo c'è anche la presidenza di Edison. Non prima di maggio, però. In ogni caso, la valenza simbolica dell'affaire Albertini rimane: è la prima grande sconfitta del terzo polo. E non è ancora nato. Na. Pie.

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